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La ciclabile del Perticale

E così avremo la ciclabile del Perticale entro la fine del 2020.

Stando all’ultimo annuncio del Comune a tema infatti:

La giunta comunale ha approvato il progetto esecutivo della pista ciclabile del Perticale: circa 250 metri di tracciato ciclopedonale all’interno del parco del Perticale che collegherà la scuola elementare con via Pertini.
Il cantiere partirà a giorni; si prevede la completa realizzazione dell’opera entro la fine del 2020.
Si tratta di un intervento funzionale agli spostamenti nel quartiere – spiegano il sindaco Francesco Ferrari e Marco Vita, assessore ai Lavori pubblici – che unirà due tracciati esistenti e darà continuità a un percorso molto frequentato dai cittadini. La pista ciclabile, nella sua interezza, collegherà molteplici attrattori della zona, in particolare la scuola elementare del Perticale, quelle superiori di via della Pace e numerose attività commerciali, sportive e ricreative. In questo modo daremo la possibilità ai cittadini di abbandonare le automobili incentivando la mobilità dolce, il tutto in totale sicurezza”.
Un intervento di 50mila euro cofinanziato dalla Regione Toscana e dal Comune di Piombino: la pista ciclabile sarà a doppio senso di marcia per una larghezza di due metri e mezzo e sarà dotata di un impianto di illuminazione per consentirne l’utilizzo durante tutto l’arco della giornata.

Peccato che a me piaccia sempre andare a verificare gli annunci, e provare a capire nel dettaglio di cosa stiamo parlando, specie quando si toccano i percorsi che faccio quotidianamente, perché anche se ho smesso di chiedere io in bici continuo a spostarmici, e continuo a non sopportare molto il bikewashing.

Toccherà essere lungo, andiamo con ordine:

1) La scuola elementare è già collegata con via Pertini, così come lo è il Conad.
C’è un percorso più che sicuro che parte davanti alle elementari, entra in via Zelli, che è una stradina sicurissima, e sbuca all’altezza del campo di calcio. Non si spiega la necessità di un raccordo aggiuntivo. Una ciclabile sarebbe stata più utile sulle direttrici di scorrimento, a partire (perlappunto) da via Pertini.

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2) I “due tracciati esistenti” in realtà ancora non esistono.
Uno presumo sia quello da via della Pace (in via di realizzazione da mesi, che aspettiamo da anni, e per il quale rendiamo grazie a Conad) al parcheggio della scuola (triplicato grazie alla giunta vecchia, perché ok la mobilità dolce ma i bimbi a scuola ce li devi porta’ colamàghina)
L’altro? È quello previsto dal piano d̶e̶i̶ ̶p̶a̶l̶a̶z̶z̶i̶n̶a̶r̶i̶ del social housing in via Pertini, dove al momento ci sono, nell’ordine:

A) Un cartello di ciclabile su un marciapiede, all’altezza del Rodari
B) Due attraversamenti pedonali con quadrelli di attraversamento ciclabile da un marciapiede all’altro (uno dei quali attualmente finisce sullo spigolo vivo del marciapiede)

3) Le luci sono soldi buttati via: tutta la zona (ovviamente tranne il fosso da dove vogliono passare non si sa perché) è perfettamente illuminata, e di buio in bici le luci sono obbligatorie. L’inquinamento luminoso ringrazia, ma anche e soprattutto la razionalizzazione dei costi.

4) A proposito di costi, qui c’è un riferimento – sicuramente datato ma utile a farsi un’idea – dei costi al metro dei percorsi.
A me la cifra prevista pare assolutamente sproporzionata, ma in effetti sono i soldi che spendi se invece che fare percorsi funzionali fai percorsi di maquillage. A veder bene rientra esattamente nella tipologia più costosa di tutte.

La domanda da farsi però (oltra a cui prodest) non è “Costano così tanto?”, come ho visto chiedere a molti. Ogni euro speso con criterio in infrastrutture dovremmo considerarlo un investimento, in grado di tornare indietro raddoppiato, anche solo in risparmi di costi sanitari.

Le domande dovrebbero essere:
È davvero necessario realizzarla così? In quel punto? Come primo intervento a tema?
È funzionale? A cosa?
È sicura?
Non si poteva ottenere di più (in termini di metri, ma soprattutto in termini di efficacia sul modal shift) intervenendo altrove, in maniera più leggera, meno costosa e altrettanto efficace?
Solo che le domande complesse non interessano, figuriamoci le risposte.

Quello che interessa è fare gli annunci.

Se dopo ci tocca confliggere sulle ciclopedonali con la gente a passeggio, i cani al guinzaglio, i runner, i passeggini, le ebike, i bimbi che vanno a scuola, gli anziani, i monopattini, tutti strizzati in un budello stretto dove non si disturbi troppo il traffico automobilistico, alla fine chissenefrega.

La bici serve per fare le passeggiate fino al parco, no?

5) Si continua a ragionare di pisteciclabili in termini di metri realizzati (addirittura duecentocinquanta!) e a farle bidirezionali e ciclopedonali.

Come amo ripetere quando voglio farla breve (giuro, a volte capita): ogni volta che un amministratore dice ciclopedonali da qualche parte nel mondo c’è una fata in bici che cade a terra morta.
Siamo sempre fermi a veder proporre le stesse sacche di marginalità, senza un quadro chiaro di dove andiamo a parare, strizzando pedoni e bici assieme e sempre e comunque senza fare niente, assolutamente niente, che vada a toccare le auto.
D’altra parte fare qualcosa dove serve davvero dà noia alle macchine, e noi non vogliamo, vero? Noi vogliamo andare in bici al parco la domenica.

6) È bello vedere che nonostante un piano della mobilità (discutibile, inadeguato, pavido, ma comunque al momento ancora in vigore) che prevede millemila percorsi ovunque abbiano scelto di partire con…

E ora qualcosa di completamente diverso

Sbattendosene di tutto quel che era previsto, senza minimamente preoccuparsi di avere un confronto pubblico, o prendere in considerazione le tonnellate di parole e idee spese in sei maledettissimi anni che – ahimé – ho evidentemente buttato via cercando di ragionare con le istituzioni.

Sì, ma alla fine, questo progetto qual è?

L’avevo detto che sarei stato lungo.
Partiamo dal primo dei “due tracciati esistenti”:

Dove in figura c’è scritto “percorso esistente” in realtà va letto “lavori in corso”, ed è il tratto a lungo invocato e legato al Conad.
Dove sta scritto “in fase di realizzazione” invece si transita tranquillamente da anni (per poi passare abusivamente da dentro le scuole, non sono il solo a farlo, ci sono i solchi delle ruote e le occhiatacce delle bidelle dell’IPC a dimostrarlo). Basterebbe regolarizzare il passaggio cambiando il cartello:

basta poco

Probabilmente è uno dei tratti più piacevoli della città.
La sensazione che non ne abbiano proprio idea, di cosa ci sia davvero in quell’area. Sapete, la vecchia storia di Alfred Korzybski sulla mappa e il territorio?

Poi passiamo al secondo:

Qui troviamo prima una gimkana che attraversa il viale, fa una serie di deviazioni immotivate – così, tanto perché i percorsi lineari sennò sono troppo comodi – e sale sul marciapiede dell’asilo, e poi una piccola perla: un “(per)corso ciclopedonale da ripristinare” anche se non è mai esistito, se non forse nelle intenzioni di chi ha scelto il colore degli autobloccanti millanta anni fa.
Semicancellato fin dal nome sul progetto da un parcheggio auto, in una specie di presagio tanto divertente quanto significativo. Tutto da una parte (lato parco, perché – ripetiamolo – con la bici ci si va al parco e a fare le passeggiate). E che finisce sullo svincolo più micidiale di tutta l’area urbana, all’incrocio tra via delle Medaglie d’Oro e viale Unità d’Italia, alla fine del chilometro lanciato dove tutti rispettano i limiti.
Praticamente secondo la logica di chi progetta i percorsi, ha un senso attraversare via Pertini per andare su una ciclabile realizzata sul marciapiede (soprattutto al mattino, con i genitori coi passeggini che portano bimbi all’asilo, un vero colpo di genio), dal lato opposto al suo senso di marcia, per poi riattraversare via delle Medaglie d’Oro una volta arrivato in fondo, e infilarsi nel carnaio della strada di accesso.
Applausi.

Ma d’altra parte questa è solo la parte da ripristinare legata al Conad e ai palazzi in costruzione in via Pertini. Come ha avuto modo di commentare il gruppo consiliare PD: è un progetto vecchio.
(Incredibile, per una volta siamo in sintonia!)

Il tragitto relativo all’annuncio è quello in rosso, e passa qui:

Prima sotto le scuole, a fare lo slalom tra i bimbi.
Poi lungo il fosso, accanto all’area di sgambo dei cani, un percorso completamente nuovo e ben illuminato, tanto cosa costerà mai?
Per poi attraversare e andare a fare un altro slalom tra i bimbi, ma stavolta quelli nel passeggino.

Se solo 100 metri a nord non ci fosse via Zelli, che è già percorribile, perfettamente sicura e collega già via Pertini con le scuole e col parco.

La strada che c’è già, in verde

Sono trenta metri sterrati ma già percorribili, una sbarra (di cui mi sfugge il senso) che li separa da una stradina per residenti, e un percorso pedonale già esistente e già separato.
Il problema di fondo? Il problema di fondo è che via Pertini è una strada di scorrimento, e andrebbe messa in sicurezza quella. Non tirando le bici dal lato sbagliato e inutile (a meno che uno non voglia andare al parco, perché ve l’ho già detto che in bici ci si va al parco, vero?) ma mettendo in sicurezza la strada.
E le rotatorie. Due, enormi.
Vi svelo un segreto: si possono fare rotatorie ciclabili, lo sapevate? Sapevatelo!

Col solito secchio di vernice, potevano spendere un decimo e indicare una bike lane a uso promiscuo.
Hanno deciso di mettere i lampioncini al parco.

Ma da gente che pensa ciclopedonali bidirezionali su un lato della strada dopo anni spesi a spiegare (non io eh, un tizio che fa un programma in TV che si intitola città a misura di persona) che sono disfunzionali, cosa ti vuoi aspettare?
E mica ce l’ho solo coi politici che le chiedono, o che le spacciano come soluzioni geniali per la mobilità di quartiere, in una città che si attraversa tutta in 15 minuti da una parte all’altra, e in cui si dovrebbe poter andare in sicurezza da un quartiere all’altro. Alla fine l’abbiamo imparato: la politica commercia in stabilità, vende l’aria a prezzi altissimi, e tende a dare soluzioni vecchie a problemi nuovi.
A me piacerebbe che nel 2020 un tecnico serio non la proponesse neanche come soluzione applicabile, una robaccia del genere.

Questo invece – per chi ha avuto la pazienza di arrivare a leggere fin qui – è il quadro completo:

A parte l’arena naturale che fa già ridere così senza commenti (no, davvero, fermatevi un secondo e rileggetelo lentamente… a-re-na na-tu-ra-le) l’unica nota aggiuntiva davvero interessante è quella in basso, sempre scritta in celeste: ciclabile in sede non riservata su via Lerario e via don Minzoni, previsione interventi di traffic calming e messa in sicurezza delle intersezioni.

Ma onestamente date le premesse sul resto, a questo punto si fa fatica a fidarsi. Al di là del cosa c’è scritto temo il come, nel mondo reale. Mi auguro che non finiscano per metterci degli altri dossi in salita. Magari qualcuno è in vena di entrare seriamente nel ventunesimo secolo, e ci scappa davvero una bike lane a uso promiscuo fatta in tempi rapidi.

Per quanto – a dirla tutta – in via Lerario, a salire, sul primo tratto non è che sia proprio una priorità, considerato che chiunque sia dotato di buonsenso può fare via 2 Giugno e via Curiel, spezzare la salita e evitando la strada dove passano i bus. La logica avrebbe voluto che proseguissero il percorso sulla direttrice centro dal parco del perticale lungo via primo maggio.

Ma la logica non abita qui da tempo, certe cose bisogna andare in bici er saperle. E d’altra parte bisogna accontentàssi.

“Ma come? Ti fanno le ciclabili e ti lamenti anche? Certo ‘un sei mai contento!”


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il PUMS sbarca a Salivoli: tra buone idee e partecipazione alla rovescia

C’ero pure io mercoledì scorso, all’incontro del quartiere Salivoli sulla mobilità. E onestamente ero partito con aspettative peggiori.
Credo valga la pena spenderci due righe.

Temevo l’ennesima riproposizione delle linee guida, già approvate con mesi di ritardo, e invece con piacere su qualche punto si è cominciato a entrare nel merito. In sala i vari punti di vista e le inevitabili obiezioni hanno comunque espresso abbastanza unanimemente la necessità di un collegamento ciclabile da e per il centro. Certo, il quartiere si presta, avendo meno problemi legati al traffico e alla sosta auto, ma è un passo avanti.
C’è stato un confronto reale, la possibilità di esprimersi civilmente sia sui punti specifici che sulle linee di principio, la proposta e la presentazione da parte dell’amministrazione di soluzioni puntuali su dei nodi che da anni sono critici per la zona. Il Vallone, la prosecuzione ciclabile del Lungomare, forse sui due lati. L’occasione di puntalizzare di nuovo che le ciclopedonali no, grazie. Uno svincolo a semirotatoria con via Forlanini, con tanto di segnalazione dei potenziali problemi per le due ruote. Peccato non aver sentito accenni ai percorsi sicuri da e per le scuole, ma magari ci sarà altra occasione, e in fondo se si mettono in sicurezza i nodi peggiori la zona vicino alla scuola forse è il meno. Peccato per alcune risposte mancate, di carattere più teorico, scivolate in secondo piano ma che probabilmente interessavano giusto me.

Comunque il bilancio è stato piuttosto positivo, anche grazie – finalmente – a un clima di collaborazione generale sui temi trattati, da parte di tutti.

Ci ho fatto l’una e venti di notte, anche a riunione finita, a chiarire idee e prospettive, a ascoltare le persone, a ragionare coi tecnici.

Poi qualche giorno dopo esce un pezzo sul tirreno che dopo aver riportato alcuni dei punti emersi francamente mi lascia perplesso sul finale.

Comincia liquidando in maniera abbastanza sprezzante quello che è stato forse l’incontro più sensato affrontato sul tema dal 2014 ad oggi come “qualcosa che assomiglia più a un’assemblea di condominio”, e poi conclude con l’ipotesi di lasciare al voto “a maggioranza dei cittadini che si presentano” una scelta tecnica come quella sul senso unico in via Salivoli.
Ovvero: alla partecipazione dei cittadini, trattati poco prima da condomini, si chiede di scegliere la realizzazione pratica anziché farsi portavoce delle esigenze e proporre un indirizzo generale.

Per entrare nel dettaglio: Via Salivoli soffre da anni del problema di un marciapiede stretto, fuori norma e inadeguato al passaggio in sicurezza. Posta la necessità di calcolare l’impatto sulla mobilità del resto dell’area come condizione necessaria per qualsiasi tipo di intervento, le opzioni sul piatto ipotizzate l’altra sera erano sostanzialmente due:

1) marciapiede allargato a 1,10 metri nel punto più stretto (anziché al minimo di 1,50) per mantenere il doppio senso di circolazione
2) marciapiede a norma e senso unico (in un verso o nell’altro), con conseguente necessità per qualcuno di allungare il giro in auto di 1,5 – 2 km.

Io non metto in discussione i disagi di chi ci abita, le cui lamentele sono le stesse che svariati anni fa bloccarono qualsiasi intervento con una raccolta firme. Resto convinto che la macchina non vada a spinta e che quindi un km in più non comporti fatica aggiuntiva. Che un giro più lungo potrebbe convincere anche qualcuno a non utilizzarla, a vantaggio di tutta la collettività (come tante strategie adottate in tante città europee). Ma in questo momento non è su questo che mi voglio concentrare.

Quello che non mi torna, a monte di qualsiasi scelta, è come si possa chiedere alla cittadinanza, e in particolare ai residenti, privi di strumenti tenici di valutazione e comunque espressione di un interesse unilaterale (quello di chi abita nel quartiere, appunto), di prendere la decisione più adeguata. Una politica che abdica al proprio ruolo, si toglie dalla responsabilità di fare una scelta, e accolla ai cittadini le responsabilità in caso di lamentele tenendo per sé i meriti nei confronti di chi apprezzerà la soluzione scelta.

Eppure a quanto è stato dato di capire la questione specifica rimanda sostanzialmente a due soluzioni concettuali, che stanno alla base delle due soluzioni tecniche:
– dare la priorità alle esigenze dei pedoni (e dei disabili, che da lì non passano) sacrificando il transito in auto, oppure
– dare la priorità alle esigenze delle auto sacrificando lo spazio pedonale.

Sarebbe bello che chi amministra prendesse una decisione in un senso o in un altro, preoccupandosi di adottare soluzioni specifiche che siano strategiche a un quadro generale, che guardino a dei criteri di base generali, senza limitarsi a inseguire gli umori di chi ha più energie, tempo e mezzi di mobilitarsi in favore o contro a una scelta o all’altra.

La democrazia diretta insomma, la lascerei alle questioni di principio generale e cercherei di evitare di applicarla sulle soluzioni specifiche. E la partecipazione preferirei venisse messa in campo per la messa in evidenza delle problematiche, e non delle soluzioni alle problematiche. Prendendosi tutte le responsabilità, ma anche tutti i meriti nella scelta delle soluzioni, che è sempre e comunque una scelta politica.
Rendendo di conto coi risultati insomma, senza girare il conto ad altri.

 

Alla fine spero che ci sia stata un’incomprensione di fondo con chi ha redatto l’articolo, oppure spero in tutta franchezza di vedere più coraggio, e più chiarezza, ché ce ne vorrà a secchiate per zone più calde del centro.
Su certi punti va riconosciuto che qualche passo in avanti è stato fatto.
Sarà comunque un processo lungo.
Intanto possiamo segnarci come scadenza la fine del 2017 per l’approvazione del piano vero e proprio (“al massimo entro gennaio febbraio del 2018”, parole dell’assessore).
E aspettare i prossimi incontri, occasioni per sollevare e ribadire altri punti specifici.