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storie e proposte del gruppo piombinese #salvaiciclisti


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Ciclovia tirrenica: a che punto siamo?

Questo sarà un post lungo, con cui proveremo a fare il punto. È abbastanza articolato, riporta le nostre proposte e contiene diversi rimandi sia esterni che a vecchi articoli del blog. Speriamo possa servire a chi legge per orientarsi un po’.

Siamo usciti mercoledì scorso da un seminario che ha visto rappresentanti della Regione Toscana (Carnieri e Baroni) e delle istituzioni locali (Capuano), assieme ai tecnici attualmente al lavoro, presentare quanto alla via finora. Abbiamo avuto il piacere di incontrare di nuovo Sergio Signanini, responsabile dello studio di fattibilità del progetto redatto da Festambiente, senza il quale fondamentalmente la ciclopista tirrenica non esisterebbe. Di condividere con lui la necessità di coinvolgere gli “utilizzatori finali”. Abbiamo visto riconfermare, alla presenza dei rappresentanti regionali, l’Associazione Comuni Toscani come il soggetto incaricato di lavorare localmente sul progetto, e trovato sul loro sito web buona parte di quanto avvenuto finora anche attorno ai tavoli ai quali non eravamo presenti.

Da fine settembre, sospesa la prima fase promozionale conclusasi con l’evento del 20 e dopo il primo scambio diretto con istituzioni locali e regionali, sembra in buona sostanza avviata la fase più strettamente progettuale.

segnalazioni e ipotesi sulla costa est (clic per ingrandire)

segnalazioni e ipotesi sulla costa est (clic per ingrandire)

Dopo un periodo di relativo silenzio, durante il quale abbiamo portato avanti un lavoro di analisi e esplorazione del territorio e trascritto su mappe le nostre osservazioni, idee e impressioni, abbiamo avuto l’occasione, a fine ottobre, di presenziare al terzo workshop organizzato da ACT e di presentare il nostro lavoro.

Approfittiamo per riportarlo in parte qui, a futura memoria.

segnalazioni e luoghi di interesse (clic per ingrandire)

segnalazioni e luoghi di interesse (clic per ingrandire)

Sostanzialmente, abbiamo cercato di lavorare per fasi e obiettivi, e individuare

  • i luoghi di interesse
  • le problematiche principali
  • le ipotesi di percorso praticabili
  • le ipotesi di intervento sulle problematiche

in funzione di quelli che già avevamo stabilito essere gli obiettivi, peraltro condivisi con la Regione: sicurezza e percorribilità.

I luoghi di interesse, sulla base di quelli che sono i princìpi alla base dell’idea della ciclopista, sono facilmente individuabili:

  • Baratti, la Sterpaia, l’Oasi e in centro di Piombino per quanto riguarda l’attrattività turistica;
  • le stazioni di Campiglia, Populonia e Piombino per quanto riguarda le possibilità di collegamento intermodale;
  • il porto come punto di partenza per l’Elba.

Sulla base di questi elementi da collegare, abbiamo considerato il tracciato inizialmente previsto per la ciclopista, e sono uscite fuori alcune problematiche immediate:

  • la sicurezza in ingresso e in uscita, dallo svincolo di Fiorentina fino all’ingresso in città
  • le pendenze lungo la strada della Principessa
  • la sicurezza in Geodetica, soprattutto sulle strettoie (ponti sull’oasi e sul Cornia)
  • il passaggio a fianco della discarica, dello svincolo 398 e dell’ingresso in Colmata
  • il passaggio dalle Caldanelle
  • gli allagamenti lungo il Cervia e la percorribilità degli sterrati (della Sterpaia e non solo)

In funzione di queste, abbiamo ipotizzato percorsi alternativi, individuando nel primo tratto di Geodetica – sul quale a nostro avviso ci sono tutti gli spazi per realizzare corsie ciclabili in sede stradale – il percorso più sensato da sfruttare non solo perché di fatto già esistente e percorribile, ma anche per la possibilità di incidere positivamente sulle velocità di punta della strada, grazie agli effetti di una dieta dimagrante sull’attuale carrabile.

ipotesi di intervento

ipotesi di intervento (clic per ingrandire)

Arrivati al ponte dell’Oasi, nodo di non facile soluzione se non passando dentro l’Oasi stessa (ipotesi peraltro ventilata in prima battuta proprio da chi l’Oasi l’ha fatta nascere e gestita per trent’anni), abbiamo ipotizzato di deviare il percorso verso la Sdriscia, riallacciarlo a Ponte di Ferro per attraversare lì il Cornia (con un ponte che ci auguriamo verrà prima o poi ricostruito, o con un ponte ciclabile in legno nel frattempo) evitando in questo modo in un colpo solo:

ipotesi di intervento (clic per ingrandire)

ipotesi di intervento (clic per ingrandire)

  • l’attuale ponte sul Cornia (ripido e stretto: per passare in sicurezza di lì comunque a nostro avviso servirebbe un passaggio dedicato per ogni lato, mancando lo spazio per percorsi ciclabili sul ponte attuale)
  • l’ingresso camion a Ischia di crociano (coi pericoli che ne derivano)
  • la discarica (non proprio il migliore dei biglietti da visita per la città)
  • lo svincolo della 398
  • lo svincolo di Colmata

Proseguendo al di là del Cornia da dove ipotizzato sopra, abbiamo individuato in Campo all’Olmo uno snodo estremamente interessante per collegare Piombino, Baratti e la stazione di Campiglia Marittima come segue:

  • Piombino attraversando Montegemoli e sfuttando un sottopasso semisconosciuto che permette di attraversare in sicurezza la Geodetica nel tratto finale (prima di Fiorentina), riallacciandosi a un percorso che corre lungo la ferrovia e porta direttamente alle Terre Rosse
  • Baratti attraverso un paio di strade di campagna, sterrate, che portano a Populonia Stazione (comunque parte della rete ferroviaria, cruciale nel progetto della ciclopista) una delle quali è uno splendido viale alberato che purtroppo abbiamo avuto modo di esplorare solo a lavoro chiuso.
  • La stazione di Campiglia Marittima attraverso la prosecuzione asfaltata che passa dietro all’area industriale di Venturina, e sfruttando la possibilità di utilizzare un passaggio  sotto alla ferrovia attualmente buio, semiabbandonato e sconosciuto ai più che sbuca direttamente a fianco della stazione ferroviaria.

    tutte le strade portano a campo all'olmo

    tutte le strade portano a campo all’olmo

Coscienti che la Sterpaia resta un punto di fondamentale valore, abbiamo pensato alle attuali strade di accesso al mare (gli svincoli di Perelli 1, Perelli 2 e Carlappiano) come il collegamento naturale tra una dorsale primaria (la Geodetica) e le greenways interne al parco. Per quelle strade, così come per il percorso che dal Mortelliccio arriva a Torre Mozza e si ricollega alla ciclabile di Follonica, basterebbero in fondo degli interventi di moderazione del traffico e di rallentamento dei veicoli. Lo stesso vale ovviamente per la strada di accesso a Baratti. Massimo risultato col minimo sforzo.

Per il resto, al di là di note minori, l’unico nodo difficile da sciogliere resta il collegamento dalle Terre Rosse alla città e al porto. Lì purtroppo la verifica sul territorio risulta difficile a meno di non farsi arrestare per aver oltrepassato i limiti dell’area fabbrica, ma sostanzialmente restiamo convinti che se dalla marina delle Terre Rosse riuscissimo a passare sotto la cantoniera del Gagno e a raggiungere il Cotone, avremmo una soluzione sensibilmente più sicura, decisamente meno ripida e più diretta per raggiungere la città. Senza ridursi a pensare un percorso cicloturistico indissolubilmente legato al treno per poter accedere a Piombino. Senza attendere il completamento della 398. E affrontando il raggiungimento in sicurezza del porto – una volta arrivati n centro – all’interno di quanto verrà deciso col piano urbano della mobilità.

Certo, ci sono a fare le verifiche delle proprietà (ma non piangerà chi si ritroverà una vicinale messa a posto, nonostante l’aumento del traffico ciclistico). Gli studi sulle zone alluvionali (ma in fondo buona parte dei percorsi è su strade esistenti: abbandoniamo l’idea di pista, e ragioniamo in termini di ciclovie: percorsi sicuri non vuol dire per forza segregazione). La fattibilità economica.

dalla stazione di Populonia a Campo all'Olmo raccontato da @merlinothebest per ‪#‎noisiamoPiombino‬ - Una strada fatata che sembra esistere solo per noi, da percorrere lentamente, l'unico modo per averti sempre con me… così da non arrivare mai.

dalla stazione di Populonia a Campo all’Olmo
raccontato da @merlinothebest per ‪#‎noisiamoPiombino‬ – Una strada fatata che sembra esistere solo per noi, da percorrere lentamente, l’unico modo per averti sempre con me… così da non arrivare mai.

Ma in buona sostanza, se è alla funzionalità che si guarda, alla fine crediamo si tratti principalmente di volontà. Volontà politica di realizzare qualcosa che abbia un senso, volontà dei tecnici di uscire dall’ottica strettamente progettuale e entrare nell’ottica di un designer: qualcuno che progetta qualcosa guardando a chi la utilizzerà, a tutti gli utenti che la potranno utilizzare: dai turisti tedeschi in MTB, alla famiglia olandese col carrellino, ai pendolari locali che ancora devono arrangiarsi a passare il Gagno in condizioni imbarazzanti. Tutti, nessuno escluso.
Siamo convinti che sia possibile, non perché siamo degli inguaribili ottimisti e sognatori. Ma perché in Europa queste realtà esistono, e sono in costante sviluppo. Almeno da quarant’anni.

Tutto questo abbiamo provato a trasmetterlo, riportarlo sulle mappe, spiegarlo a chi adesso ha il compito di sciogliere i nodi. I nostri in fondo sono suggerimenti e segnalazioni, ci sono sempre più strade per arrivare da qualche parte. Certo è che se i suggerimenti saltano, i nodi – soprattutto quelli  legati alla sicurezza – in una maniera o nell’altra bisogna che vengano sciolti.

Forse potrebbe servire di più mettere in sella un assessore, due tecnici (e un giornalista), fargli provare percorsi e alternative, e fargli toccare con mano quello di cui si parla, di cui ci si preoccupa, visto che alla fine della fiera la mappa non è il territorio, e sul territorio ci pedaliamo soprattutto noi. Gli utilizzatori finali.

Non è escluso che proveremo a farlo, prima o poi. Se qualcuno fosse interessato, siamo a disposizione.

Per il resto non ci resta che attendere, a questo punto, per seguire gli sviluppi e le elaborazioni. E sperare che un lavoro con un potenziale del genere non si insabbi tra burocrazia e prese di posizione, o resti in un cassetto al primo finanziamento perduto. Perché più che i finanziamenti, quello che preme a noi è l’idea di fondo.

Nel frattempo, per qualche tempo, torniamo a lavorare su alcune idee e progetti per la mobilità strettamente urbana. E a pedalare un po’ più leggeri.

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In bici a Baratti, tra il mare e il parco: di nuovo ciclopista tirrenica

header pedalata

poi uno cerca una foto adatta all’evento, e da internet esce fuori questa… alle volte si dice il culo

La pedalata
Una giornata andata bene, un bilancio positivo, un sacco di entusiasmo, e una caterva di lavoro da fare.

Questa foto io l'ho vista, mi sono commosso, e ho pensato che se riuscissimo a mettere in comunicazione lo spirito del ciclismo sportivo amatoriale (quello sano) con l'idea della bici come mezzo di trasporto, diventeremmo un popolo migliore in un attimo.

Questa foto io l’ho vista, mi sono commosso, e ho pensato che se riuscissimo a mettere in comunicazione lo spirito del ciclismo sportivo amatoriale (quello sano) con l’idea della bici come mezzo di trasporto, diventeremmo un popolo migliore in un attimo.

Da inizio estate, allertati da pandaciclisti e dagli amici di FIAB Livorno (con cui abbiamo un debito immenso), messi in contatto con Sergio Signanini che ci ha tenuti aggiornati tramite l’impareggiabile Graziella Rossini sulla situazione di un progetto in via di sviluppo, abbiamo cominciato a seguire le uscite quasi quotidiane del giornale locale sul progetto della ciclopista.
Quando si è parlato della zona, in qualche caso abbiamo detto la nostra, altre volte siamo stati a sentire con interesse le proposte degli altri.
Nel frattempo ci siamo spesi sulle mappe e sul campo, scervellandosi su strade e alternative, e abbiamo provato a metterci nei panni di tutti: le vari tipologie di ciclista, le realtà ricettive sul territorio, la macchina pubblica con la sua la cronica mancanza di fondi, le aree di pregio e le realtà che le gestiscono e promuovono, i semplici abitanti delle varie zone dentro e fuori dal promontorio. Pure gli automobilisti, a volte.
Sempre tenendo due punti fermi come linee guida: la sicurezza e la percorribilità.

Ad agosto poi è arrivata la UISP, a coinvolgerci. La richiesta: un evento promozionale di lancio del progetto. La proposta: coinvolgiamo tutti gli altri. E così, buttato giù in due notti un progetto assieme a Silvia Mangiameli, che fa da collegamento indispensabile tra il mondo dello sport e le nostre istanze, l’abbiamo proposto alle società sportive del territorio, tramite UISP, che poi l’ha fatto arrivare in regione.
Onestamente i dubbi erano tanti: un’utenza locale spesso distante dal cicloturismo; la difficoltà di superare certi punti, allo stato attuale; la lunghezza di certe tratte; i problemi per rientrare verso casa; la carenza del trasporto pubblico per combinare bici e treno.
In fondo anche l’attesa di conferme sui vari punti dell’evento, perché il timore forte di non farcela a seguire tutto, dalla logistica all’accoglienza, c’era.

Il risultato finale, nonostante il vento che ha impedito un tuffo di fine stagione, è andato oltre le migliori aspettative.

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Le società sportive hanno reagito con un entusiasmo inaspettato, sono accorse in massa, qualcuno ha avuto la splendida idea di venire con i figli, e dove è mancata gente hanno sopperito un po’ di pedalatori solitari, di ciclisti urbani, e di ciclopendolari.
Parchi Val di Cornia per fortuna ci è venuta in soccorso, ha preso in mano l’accoglienza e l’ha gestita splendidamente.
FIAB livorno è arrivata in blocco, in treno fino a San Vincenzo, a ingrossare le fila del gruppo, allargando l’orizzonte del percorso all’interno del parco di Rimigliano, lavorando di concerto con una guida ambientale che li ha portati a (ri)scoprire le bellezze del golfo di Baratti, e le problematiche relative all’erosione. Facendo da tester per l’intermodalità.

Il gruppo al completo

La presentazione
Impagabile, nel pomeriggio, la possibilità di confrontarsi direttamente attorno a un tavolo – in un colpo solo – con l’assessore Capuano, il sindaco Giuliani e Emiliano Carnieri: il funzionario regionale che segue il progetto e si occupa (anche) della tratta locale.  Per chi, come chi scrive, tende per natura a essere ipercritico e sostanzialmente polemico, la comunità di intenti onestamente ha quasi spiazzato. Ascoltare Carnieri raccontare il progetto, evidenziarne problematiche e vantaggi, rispondere alle questioni poste, ha dato un quadro generale abbastanza chiaro di quello che sarà e di quello che non sarà la ciclopista tirrenica.

Ma a sgomberare dai dubbi, in fondo, è rimasta la risposta alla questione di fondo espressa sul finale: quali sono le linee guida, i principi fondamentali, gli standard e i modelli della ciclopista? Non gli standard progettuali, la larghezza dei percorsi, il tipo di fondo, ma le idee che stanno al nucleo del progetto. Sentirsi rispondere, senza aver forzato la mano, “accessibilità e sicurezza”, quasi modellato su quelle che ci eravamo posti in partenza, quando abbiamo iniziato a lavorare sulle mappe e sul campo, è stata in tutta franchezza una ventata di aria fresca.
Il pensiero è corso ai percorsi problematici della zona, alle ciclabili inaccessibili ai disabili tra Follonica e Scarlino, alle criticità di sicurezza tra Montegemoli e la SOL, alle tante persone cadute sulla ciclopedonale di San Vincenzo.
La sensazione è che non sia stato lavoro vano, che possa essere speso per dei risultati, e che potranno essere risultati visibili, senza aspettare di non aver più fiato e gambe per pedalarci sopra. Migliorabili nel tempo, perfettibili, ma – intanto – percorribili. Nella speranza (che è quasi una certezza a giudicare dal numero di bici in giro coi bagagli quest’estate) che una volta arrivati gli utenti veri, quelli che viaggiano sulle tante tratte che già attraversano l’Europa, quelli che fanno i grandi numeri, si dimostri sempre più necessario considerare una colonna imprescindibile quello che ora è un settore in espansione, troppo spesso lasciato in secondo piano in un paese che avrebbe potenzialità enormi.

solo una piccola parte del tanto spazio dedicato all'evento dal giornale

solo una piccola parte del tanto spazio dedicato all’evento dal giornale

I ringraziamenti
Grazie infinite al Tirreno che sta dando risalto all’iniziativa, che ha dedicato alla giornata del 20 una quantità di spazio al di là di ogni migliore previsione, e che non ci ha ancora fatto arrestare per tutte le pagine ripubblicate su questo umile blog di provincia. Grazie alle società sportive tutte, e alla capofila UISP, perché senza una base larga come quella che hanno non sarebbe andata così bene. Grazie a FIAB Livorno e ai pandaciclisti, che ci hanno raggiunti quaggiù nella remota provincia, e al presidente FIAB Luca Difonzo per gli interventi puntuali e lo scambio in privato sul finale (per certi versi illuminante). Grazie ai cani sciolti, ai ciclomobilisti, ai ciclopendolari, ai pedalatori in libertà, a quelli che anche senza società hanno dato supporto all’iniziativa. Grazie alla parchi dell’ospitalità, della cura, e della spazio dedicati. Grazie alle autorità locali che sono intervenute, ché non è mai scontato e c’è sempre qualcosa di più importante, e invece… la prossima volta l’unica cosa che potremo chiedere sarà di accompagnarci in bici. E grazie a Carnieri: puntuale, diretto e conciso sia nell’illustrare il progetto che nel chiarire  punti e i dubbi emersi.

A questo punto a noi non resta che continuare a fare il nostro: proporre, nei limiti delle possibilità tecniche che abbiamo; evitare dove possibile storture già viste e errori già commessi altrove; tirare la gente in sella. E pedalare un po’ di più, che di tempo ultimamente ce ne è rimasto poco.

Una nota: il rientro
Finito lo scambio, il rientro è l’unica cosa rimasta in sospeso, ed è stata un’ottima occasione di test:
Tre bici da turismo; una MTB; due borse; un seggiolino.
Quattro pedalanti, e una bimba di tre anni e mezzo a bordo
Da Baratti a Piombino, alle sei di sera
Scartata l’ipotesi treno + bici: l’ultimo treno da Populonia stazione a Piombino con trasporto bici era alle 16:46.
Scartata l’ipotesi sterrato lungo ferrovia, per impraticabilità del fondo.
Unica alternativa: Principessa, Fiorentina, Gagno. Niente di troppo distante da una riconferma di quello che fino a oggi ci aveva trattenuto dall’organizzare gite fuori porta. In uscita, coi dovuti accorgimenti, si può fare. Pensare di fare il rientro in sicurezza, con una bimba come passeggero, senza una scorta che ti affianchi e ti copra le spalle in buona parte dei tratti, e senza contravvenire al codice della strada, è da incoscienti.
Risolto quello, godersi le nostre zone a ritmo lento è un privilegio che non tutti si possono permettere, ma quello lo sapevamo già.


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#ideesparse #14 – moderare la velocità – le strettoie

quattordicesima puntata della rubrica #ideesparse – una rubrica di fantascienza

strettoieRallentatori di velocità, al posto dei dossi che tutti detestano.
Un pezzo breve, qualche semplice fotografia. Strettoia, senso unico alternato. In sostanza, due corsie che diventano una, si passa uno per volta, si rallenta per forza.

I restringimenti della carreggiata tramite strettoie ed isole spartitraffico vengono realizzati per indurre i veicoli a rallentare in corrispondenza di alcuni tratti stradali, nei quali l’eccessiva ampiezza della strada può indurre a raggiungere velocità eccessive in corrispondenza di punti di potenziale rischio. A questo fine, le strettoie e le isole riducono lo spazio per il transito dei veicoli, in modo tale che gli automobilisti abbiano la sensazione di poterli attraversare in sicurezza solo a bassa velocità. In genere questa misura è volta ad ottenere un effetto più psicologico che fisico, perché il restringimento della carreggiata non è tale da richiedere una riduzione drastica della velocità. Talvolta, tuttavia, quando sono collocate su strade a doppio senso di marcia, le strettoie possono anche restringere la carreggiata fino ad una sola corsia: in questo modo, il senso di marcia alternato costringe i veicoli a rallentare fortemente e talora a fermarsi, per dare la precedenza ai veicoli provenienti dalla direzione opposta. Tale misura può utilmente essere applicata su grandi piattaforme interessate da intenso flusso di pedoni.

Quello nella foto qui accanto (in Danimarca) ha pure il bonus della corsia ciclabile. Si tratta solo di trovare delle strade dove potrebbe funzionare. Ma per quello ce n’è abbastanza, di strade che invitano a correre, in città.

Di esempi comunque ce ne sono anche più vicini: senza scomodare i danesi, per quelli qui sotto basta andare fino a Venturina:

un esempio di strettoia sulla SR 398, a Venturina

un esempio di strettoia sulla SR 398, a Venturina

Pochi metri dopo, dietro la curva, un altro esempio, con tanto di spazio sfruttato per l'attività commerciale, e con il dettaglio della segnaletica sui due lati

Pochi metri dopo, dietro la curva, un altro esempio, con tanto di spazio sfruttato per l’attività commerciale, e con il dettaglio della segnaletica sui due lati

Qualche idea sul come e sul perché, invece, sono disponibili QUI, assieme a un sacco di materiale tecnico interessante.

il motivo per cui vale la pena di rallentare le macchine è sempre bene ricordarlo

il motivo per cui vale la pena di rallentare le macchine è sempre bene ricordarlo


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Le misure contano

Ci sono temi ricorrenti, quando si affrontano questioni relative alla moderazione del traffico urbano, che ciclicamente emergono dalle parti più disparate e prendono – ripetuti come dei mantra – carattere di autorevolezza. Uno dei più frequenti, dall’introduzione sul mercato nei primi anni ’90 di alcune categorie di autoveicoli, è il teorema secondo cui essendo aumentate le dimensioni medie degli autoveicoli circolanti, c’è la necessità di allargare le strade urbane.
Inizialmente ho provato a fare un confronto tra modelli vecchi e nuovi, dando un’occhiata ad ogni categoria di auto e mettendoli in fila:

Per i segmenti A-B-C ho emesso in fila una carrellata di modelli: FIAT Panda, Toyota Yaris, Ford Fiesta, VW Golf, Megane, Audi A3

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Per il segmento D: BMW serie 3, Audi q3, Toyota Rav4

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Nel segmento E: Land rover  range sport, Porsche Cayenne, Volkswagen Touareg

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A spanne, in effetti, sembra che in vent’anni di evoluzione i mezzi siano leggermente ingrassati.  Più o meno, però, di meno di una ventina di centimetri. E comunque soprattutto nei segmenti inferiori, quelli tendenzialmente meno ingombranti, che si sono avvicinati – senza raggiungerle – alle dimensioni dei segmenti alti. Solo in rarissimi casi si superano i due metri.
Teoricamente potrebbe avere un senso quindi allargare le strade, se si guardasse alla questione esclusivamente dal punto di vista della comodità di guida dell’automobilista. E se non comportasse controindicazioni di sorta.

Poi però ho ripensato agli innumerevoli studi tecnici che legano la larghezza delle strade alla velocità, e che legano la velocità al rischio di incidenti, e all’aumento della gravità degli stessi. Ho cercato un po’ di informazioni e riferimenti sul concetto di road diet. E ho cambiato prospettiva.

Sono “sceso dall’auto”, e mi sono messo ad osservare dall’esterno. Una cosa, mi è balzata all’occhio: i corrieri. I corrieri girano in furgone, viaggiano come disperati, qualcuno è completamente folle, con altri ormai ci si conosce bene, e ci salutiamo per strada. Ok a volte quando fanno certe manovre mi viene voglia di tirarli giù e prenderli a schiaffi, per fargli ricordare che se non mi vengono addosso mi risulta più facile sopravvivere. Ma nel caso specifico mi ha fatto comodo per prendergli le misure, osservare come si muovono, e notare che sostanzialmente sono ovunque.
Certo, difficilmente li troverai fermi nelle vie strette, ma passano ovunque. Pensate a una via tra quelle solitamente percepite come strette e allargabili, in Piombino: Via Pisacane, via del Fosso, via Trento e Trieste, via del Desco. Ci passano. In alcune addirittura ci passano i bus.

Certo, se non ci sono auto in doppia fila, ma in quel caso allargare le strade perché le macchine in doppia fila impediscono il passaggio è come risolvere il problema dell’obesità acquistando pantaloni più larghi

fiat-ducato-panorama-2014-facelift

un Ducato: i margini in una regolare corsia di marcia

Comunque, in conclusione, una domanda mi ha girato nel capo per un po’: ma con cosa viaggiano i corrieri?

Principalmente? Ducato, Iveco Daily e Ford Transit, rispettivamente 2,05 1,99 e 2,12 metri

Misure alla mano: anche l’auto più grossa in circolazione è comunque più piccola di un furgone, che non ha difficoltà a infilarsi pressoché ovunque. Se ci passano i furgoni com’è che le macchine hanno difficoltà al punto da dover ripensare alcune strade per facilitare loro il passaggio? Non sarà un problema di percezione della grandezza del mezzo? Col tempo, più che aumentare le misure esterne, credo siano migliorati la gestione e il comfort degli spazi interni, per cui auto con ingombri simili hanno abitacoli più spaziosi. E il mezzo viene percepito come più grande, mentre in realtà è ingrassato di poco. Un meccanismo mentale, più che un problema reale.

La risposta, alla fine della speculazione, l’ho trovata nel posto più semplice dove guardare: il Codice della Strada.

Il CdS definisce in maniera chiara sia la dimensioni minime delle strade:

(Art. 40 Cod. Str.)
Art. 140. Regolamento di Attuazione
Strisce di corsia
1. Il modulo di corsia, inteso come distanza tra gli assi delle strisce che delimitano la corsia, è funzione della sua destinazione, del tipo di strada, del tipo di veicoli in transito e della sua regolazione; il modulo va scelto tra i seguenti valori: 2,75 m – 3 m – 3,25 m – 3,5 m – 3,75 m; mentre per le corsie di emergenza il modulo va scelto nell’intervallo tra 2 e 3,5 m.
2. Negli attestamenti delle intersezioni urbane il m corsia può essere ridotto a 2,5 m, purchè le corsie che adottano tale modulo non siano percorse dal trasporto pubblico o dal traffico pesante.

che quelle massime dei veicoli:

TITOLO III Dei veicoli
Capo I – Dei veicoli in generale

art. 54. Autoveicoli

1. Gli autoveicoli sono veicoli a motore con almeno quattro ruote, esclusi i motoveicoli, e si distinguono in:
a) autovetture: veicoli destinati al trasporto di persone, aventi al massimo nove posti, compreso quello del conducente;
b) autobus: veicoli destinati al trasporto di persone equipaggiati con più di nove posti compreso quello del conducente;
c) autoveicoli per trasporto promiscuo: veicoli aventi una massa complessiva a pieno carico non superiore a 3,5 t o 4,5 t se a trazione elettrica o a batteria, destinati al trasporto di persone e di cose e capaci di contenere al massimo nove posti compreso quello del conducente;
d) autocarri: veicoli destinati al trasporto di cose e delle persone addette all’uso o al trasporto delle cose stesse;

art. 61. Sagoma limite

1. Fatto salvo quanto disposto nell’art. 10 e nei commi successivi del presente articolo, ogni veicolo compreso il suo carico deve avere:
a) larghezza massima non eccedente 2,55 m; nel computo di tale larghezza non sono comprese le sporgenze dovute ai retrovisori, purché mobili;

Per quanto stretta possa sembrare, quindi, con la macchina ci si passa. Gran parte dei moduli oltretutto è da tre metri. L’unico problema, laddove la corsia è delimitata dagli spazi per la sosta, può essere quello di avere mezzi che sporgono oltre ai limiti segnaalti (ammesso che ci siano). La soluzione in quel caso, tra l’altro meno onerosa rispetto ad un eventuale allargamento, dovrebbe essere quella di ridisegnare i limiti. E di farli rispettare, da chi ci posteggia senza fare attenzione, e da chi pensa di poterci posteggiare mezzi più grossi di quelli per cui sono progettati.

Certo, poi per passare tocca rallentare.
Fare attenzione.
Ma siamo sicuri sia un male?

Inoltre, come mi fa notare uno dei revisori di questa riflessione, “anche nello sventurato caso in cui ci trovassimo alla guida di un mezzo eccessivamente largo (che fatico a trovare in commercio: anche un Defender resta sotto al metro e ottanta, per passare i due metri e dieci bisogna girare con un Hummer H3!), o di un mezzo che non siamo in grado di manovrare agilmente, le strade ci sono da un bel pezzo prima che comprassimo le nostre enormi auto. Stava a noi, prima di acquistarle valutare dove dovevamo girarci e se era il caso. Se abbiamo sbagliato si tratta di incauto acquisto. È come se andassimo a comprare un ombrello da pioggia, pretendessimo di usarlo principalmente come ombrellone da spiaggia e poi ci lamentassimo contro il comune perché non costruisce delle pergole ombreggianti al mare. Se siamo scemi non ci meritamo delle strade più larghe ma dei salati conti del carrozziere.”

Salvo situazioni particolari di passaggio trasporti speciali, arterie di scorrimento transitate da camion, luoghi che in buona sostanza dovrebbero avere margini (o alternative) di passaggio protetto per l’utenza debole, più che ipotizzare di allargare alcune strade dovremmo cominciare a ragionare nell’ottica opposta: quella di stringerle. Ricavandoci più spazi per la sosta, e tagliando a monte le obiezioni di certi commercianti ancorati al secolo scorso, e dei residenti. Ricavandoci corsie ciclabili in sede stradale. O lo spazio per una fila di alberi, che dalle città sembrano essere fuggiti.

Qualcosa che pensi alla strada come a un posto dove passino prima le persone.


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per una città 30 e lode – le ragioni tecniche (2)

velocità-civiltà

lo spazio di arresto in funzione della velocità

C’è di meglio nella vita che aumentarne la velocità
[Gandhi]

Riproponiamo anche sulle pagine del blog, spezzato in due post per una migliore leggibilità e corredato da qualche immagine in più, il contenuto del pieghevole distribuito per la festa del primo maggio a Calamoresca “per una città 30 e lode”, riadattato dalla presentazione dell’Architetto Matteo Dondé Ragioni tecniche città 30 e Lode“. QUI trovate la prima parte.

impattoA VELOCITÀ RIDOTTA MIGLIORA LA SICUREZZA DI PEDONI E CICLISTI
Riducendo la velocità, lo spazio di frenata dei veicoli è molto più breve
Dimezzando la velocità, lo spazio di frenata si riduce di tre quarti

LA MODERAZIONE DEL TRAFFICO DIMINUISCE NUMERO E GRAVITÀ DEGLI INCIDENTI STRADALI ad Amburgo, in una zona 30, la diminuzione della velocità è stata solo del 4,6 %, ma il numero dei feriti è diminuito del 26%. A Friburgo, dove oltre alla moderazione del traffico, si sono adottate campagne di informazione e controlli radar piuttosto che ostacoli sulla carreggiata, il numero dei feriti è diminuito del 76% e non ci sono stati più feriti gravi.

LA VELOCITÀ RIDOTTA RIDUCE RUMORE, INQUINAMENTO E CONSUMI Nell’area metropolitana di Amburgo, si sono misurati i cambiamenti prima e dopo l’introduzione estesa delle zone 30: il cambio dello stile di guida, prima fatto di rapide accelerazioni e brusche frenate, sostituito poi da una guida più calma, con minori picchi di velocità ma più fluida, ha mostrato benefici effetti sia sull’ambiente che sul traffico.

RUMORE Ad Ambrugo, il rumore è diminuito dappertutto, con un riduzione massima di 7 dbA La diminuzione del rumore nelle zone 30 dipende sia dalla riduzione di volume (esclusione del traffico di transito) sia dalla guida calma (diminuzione del limite di velocità).

INQUINANTI DELL’AMBIENTE La velocità ridotta (meno frenate e accelerazioni) riduce l’inquinamento dell’aria:
Ossidi di Azoto (piogge acide, smog estivo, vie respiratorie) 30%
Monossido di Carbonio (vie respiratorie, sistema circolatorio) 20%
Idrocarburi (cancerogeni) 10%
Il CONSUMO di carburante è diminuito del 12%

A VELOCITÀ RIDOTTA LA CAPACITÀ DELLE STRADE È SUPERIORE L’opinione comune che diminuendo la velocità il traffico sia impedito è sbagliata. Aumentando la velocità, aumenta anche la distanza tra i veicoli e le esigenze di spazio (occupazione cinetica dello spazio). IL BISOGNO DI SPAZIO È MINORE. Per esempio, due mezzi pesanti che si incrociano a una velocità di 50 Km/h hanno bisogno di una carreggiata di 6,25 m. A 40 Km/h è sufficiente una carreggiata di 5,50 m

A VELOCITÀ RIDOTTA LA PERDITA DI TEMPO È TRASCURABILE Se ci fossero Zone 30 in tutti i quartieri, la durata del percorso medio  dell’automobilista, da porta a porta, aumenterebbe solo del 3% al massimo. Ad Amburgo, sono state misurate le perdite causate dall’attraversamento di Zone 30: il tempo di spostamento totale è risultato solo di poco superiore. Il tempo perso con le limitazioni di velocità è stato riguadagnato con una circolazione più fluida, più regolare, meno conflittuale

VELOCITÀ 30: AUMENTANO I PARCHEGGI, GLI SPAZI PEDONALI E IL VERDE Si è verificato che, dalla trasformazione di due tipiche strade esistenti in diverse forme di strade parcheggio o strade residenziali, si recuperano:
posti macchina per i veicoli dei residenti
spazi pedonali
• una maggiore convivialità della strada

ESEMPI
IL CASO DI LONDRA Il limite a 30 dimezza gli incidenti: È durato 20 anni, ha coinvolto 20 grandi zone cittadine. Ma oggi questo studio, dettagliatissimo, e con una precisione statistica impressionante, fa scuola . Si è calcolato che estendendo le zone a velocità limitata a tutta la città si potrebbero risparmiare 692 vittime ogni anno, con 100 morti in meno.
IL CASO TEDESCO I risultati sono stati a tal punto significativi che ad oggi il 90% dei tedeschi vive in ZONE 30. Sostanzialmente, in Germania non è più vendibile una casa se non si trova all’interno di una Zona 30, e questo indipendentemente da chi governa la città: non è più una scelta di schieramento ma di civiltà, a cui nessuna formazione politica può più rinunciare se non vuole correre il rischio di perdere il consenso dei propri cittadini
IL CASO DI TORINO Fine lavori: 2009. Residenti coinvolti: 10.000. Costo complessivo: 760mila euro. Feriti gravi: 0. Giorni di prognosi: 74%.
Traffico: 15%. Mezzi pesanti: 29%. Velocità di punta: 11 Km/h. Sorpassi: quasi scomparsi. Risparmio complessivo: 1,5 milioni di euro di cui 500mila euro di soli costi sanitari. Giudizi negativi passati dal 19 al 7%. Il 68% dei residenti non tornerebbe indietro.

fascia centrale polifunzionale

Isola salvagente inserita in una fascia centrale polifunzionale

chicane e strettoie a Venturina

Chicane e strettoie a Venturina

DISPOSITIVI DI MODERAZIONE DEL TRAFFICO A seconda delle caratteristiche della strada, di come essa è classificata all’interno della rete stradale comunale, è possibile predisporre un dispositivo di moderazione del traffico piuttosto che un altro:
SU VIABILITÀ PRINCIPALE: riduzione della larghezza delle corsie; rotatorie; isole salvagente; fascia centrale polifunzionale.
SU VIABILITÀ SECONDARIA: rotatorie e minirotatorie; attraversamenti ed intersezioni rialzate;
IN ZONE RESIDENZIALI A TRAFFICO MODERATO e ZONE 30: limite di velocità 30 Km/h; integrazione degli utenti della strada e condivisione degli spazi; precedenza a pedoni e ciclisti; chicane e strettoie.

LE ZONE 30: SUI PREGIUDIZI
Molte incertezze scompaiono dopo la realizzazione di una zona 30

1. La velocità 30 sposta semplicemente il traffico nei quartieri confinanti ed è quindi solo un intervento “scaricabarile”:
Solo in pochi casi l’introduzione del limite di 30 Km/h ha ridotto il traffico nel quartiere. È soprattutto diminuito il traffico parassitario dei pendolari, che cercavano di evitare qualche ingorgo. Si deve cercare di introdurre le zone 30 in modo estensivo

2. I bambini che abitano in zone con traffico moderato non riescono più ad adattarsi alle strade normali e quindi sono in pericolo:
I bambini devono comunque fare attenzione al traffico e imparare ad essere prudenti La grande differenza è che, guidando piano, i conducenti possono prestare più attenzione ai bambini. Inoltre, uno spazio vitale adatto ai bambini ne favorisce lo sviluppo sociale e psicomotorio

3. Le continue frenate e accelerazioni aumentano il carico ambientale e il rumore:
Le esperienze fatte finora dimostrano il contrario: nelle zone 30 le velocità massime sono nettamente minori. Il traffico è complessivamente più lento e regolare, con meno colpi di gas, rallentamenti e tempi di attesa: questo riduce sia il consumo di carburante che l’emissione di sostanze nocive

4. I trasporti pubblici non sono compatibili con le zone 30:
Molte città dimostrano ogni giorno che le linee di autobus possono benissimo circolare nelle zone 30 . Sui tempi di percorrenza influiscono molto di più il numero delle fermate, i nodi stradali e il tracciato della linea

5. Con il limite di 30 Km/h si perde troppo tempo:
Il ritardo è molto minore rispetto a quello che generalmente si crede. L’esperienza mostra che per percorrere 500m all’interno di una zona 30 si impiegano solo 5.10 secondi di più rispetto allo stesso percorso con il limite di 50 km/h

6. “velocità 30” dà agli utenti della strada un falso senso di sicurezza:
Il traffico stradale rimane comunque una fonte di perocolo: molto difficile che qualcuno sia indotto a fare meno attenzione In ogni caso, tutte le persone coinvolte hanno il vantaggio del minor spazio d’arresto e nel caso di collisione, a 30 Km/h le conseguenze sono decisamente meno gravi

7. Il limite di 30 Km/h è inutile poiché nessuno lo rispetta:
Anche nelle zone 30 la velocità dei veicoli deve essere sorvegliata. Ci vuole un po’ di tempo prima che i conducenti si abituino al nuovo limite, MA centinaia di migliaia di persone che già abitano in zone 30, possono confermare che “velocità 30” migliora la qualità di vita nei quartieri residenziali