piombino in bici

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In bici a Baratti, tra il mare e il parco: di nuovo ciclopista tirrenica

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poi uno cerca una foto adatta all’evento, e da internet esce fuori questa… alle volte si dice il culo

La pedalata
Una giornata andata bene, un bilancio positivo, un sacco di entusiasmo, e una caterva di lavoro da fare.

Questa foto io l'ho vista, mi sono commosso, e ho pensato che se riuscissimo a mettere in comunicazione lo spirito del ciclismo sportivo amatoriale (quello sano) con l'idea della bici come mezzo di trasporto, diventeremmo un popolo migliore in un attimo.

Questa foto io l’ho vista, mi sono commosso, e ho pensato che se riuscissimo a mettere in comunicazione lo spirito del ciclismo sportivo amatoriale (quello sano) con l’idea della bici come mezzo di trasporto, diventeremmo un popolo migliore in un attimo.

Da inizio estate, allertati da pandaciclisti e dagli amici di FIAB Livorno (con cui abbiamo un debito immenso), messi in contatto con Sergio Signanini che ci ha tenuti aggiornati tramite l’impareggiabile Graziella Rossini sulla situazione di un progetto in via di sviluppo, abbiamo cominciato a seguire le uscite quasi quotidiane del giornale locale sul progetto della ciclopista.
Quando si è parlato della zona, in qualche caso abbiamo detto la nostra, altre volte siamo stati a sentire con interesse le proposte degli altri.
Nel frattempo ci siamo spesi sulle mappe e sul campo, scervellandosi su strade e alternative, e abbiamo provato a metterci nei panni di tutti: le vari tipologie di ciclista, le realtà ricettive sul territorio, la macchina pubblica con la sua la cronica mancanza di fondi, le aree di pregio e le realtà che le gestiscono e promuovono, i semplici abitanti delle varie zone dentro e fuori dal promontorio. Pure gli automobilisti, a volte.
Sempre tenendo due punti fermi come linee guida: la sicurezza e la percorribilità.

Ad agosto poi è arrivata la UISP, a coinvolgerci. La richiesta: un evento promozionale di lancio del progetto. La proposta: coinvolgiamo tutti gli altri. E così, buttato giù in due notti un progetto assieme a Silvia Mangiameli, che fa da collegamento indispensabile tra il mondo dello sport e le nostre istanze, l’abbiamo proposto alle società sportive del territorio, tramite UISP, che poi l’ha fatto arrivare in regione.
Onestamente i dubbi erano tanti: un’utenza locale spesso distante dal cicloturismo; la difficoltà di superare certi punti, allo stato attuale; la lunghezza di certe tratte; i problemi per rientrare verso casa; la carenza del trasporto pubblico per combinare bici e treno.
In fondo anche l’attesa di conferme sui vari punti dell’evento, perché il timore forte di non farcela a seguire tutto, dalla logistica all’accoglienza, c’era.

Il risultato finale, nonostante il vento che ha impedito un tuffo di fine stagione, è andato oltre le migliori aspettative.

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Le società sportive hanno reagito con un entusiasmo inaspettato, sono accorse in massa, qualcuno ha avuto la splendida idea di venire con i figli, e dove è mancata gente hanno sopperito un po’ di pedalatori solitari, di ciclisti urbani, e di ciclopendolari.
Parchi Val di Cornia per fortuna ci è venuta in soccorso, ha preso in mano l’accoglienza e l’ha gestita splendidamente.
FIAB livorno è arrivata in blocco, in treno fino a San Vincenzo, a ingrossare le fila del gruppo, allargando l’orizzonte del percorso all’interno del parco di Rimigliano, lavorando di concerto con una guida ambientale che li ha portati a (ri)scoprire le bellezze del golfo di Baratti, e le problematiche relative all’erosione. Facendo da tester per l’intermodalità.

Il gruppo al completo

La presentazione
Impagabile, nel pomeriggio, la possibilità di confrontarsi direttamente attorno a un tavolo – in un colpo solo – con l’assessore Capuano, il sindaco Giuliani e Emiliano Carnieri: il funzionario regionale che segue il progetto e si occupa (anche) della tratta locale.  Per chi, come chi scrive, tende per natura a essere ipercritico e sostanzialmente polemico, la comunità di intenti onestamente ha quasi spiazzato. Ascoltare Carnieri raccontare il progetto, evidenziarne problematiche e vantaggi, rispondere alle questioni poste, ha dato un quadro generale abbastanza chiaro di quello che sarà e di quello che non sarà la ciclopista tirrenica.

Ma a sgomberare dai dubbi, in fondo, è rimasta la risposta alla questione di fondo espressa sul finale: quali sono le linee guida, i principi fondamentali, gli standard e i modelli della ciclopista? Non gli standard progettuali, la larghezza dei percorsi, il tipo di fondo, ma le idee che stanno al nucleo del progetto. Sentirsi rispondere, senza aver forzato la mano, “accessibilità e sicurezza”, quasi modellato su quelle che ci eravamo posti in partenza, quando abbiamo iniziato a lavorare sulle mappe e sul campo, è stata in tutta franchezza una ventata di aria fresca.
Il pensiero è corso ai percorsi problematici della zona, alle ciclabili inaccessibili ai disabili tra Follonica e Scarlino, alle criticità di sicurezza tra Montegemoli e la SOL, alle tante persone cadute sulla ciclopedonale di San Vincenzo.
La sensazione è che non sia stato lavoro vano, che possa essere speso per dei risultati, e che potranno essere risultati visibili, senza aspettare di non aver più fiato e gambe per pedalarci sopra. Migliorabili nel tempo, perfettibili, ma – intanto – percorribili. Nella speranza (che è quasi una certezza a giudicare dal numero di bici in giro coi bagagli quest’estate) che una volta arrivati gli utenti veri, quelli che viaggiano sulle tante tratte che già attraversano l’Europa, quelli che fanno i grandi numeri, si dimostri sempre più necessario considerare una colonna imprescindibile quello che ora è un settore in espansione, troppo spesso lasciato in secondo piano in un paese che avrebbe potenzialità enormi.

solo una piccola parte del tanto spazio dedicato all'evento dal giornale

solo una piccola parte del tanto spazio dedicato all’evento dal giornale

I ringraziamenti
Grazie infinite al Tirreno che sta dando risalto all’iniziativa, che ha dedicato alla giornata del 20 una quantità di spazio al di là di ogni migliore previsione, e che non ci ha ancora fatto arrestare per tutte le pagine ripubblicate su questo umile blog di provincia. Grazie alle società sportive tutte, e alla capofila UISP, perché senza una base larga come quella che hanno non sarebbe andata così bene. Grazie a FIAB Livorno e ai pandaciclisti, che ci hanno raggiunti quaggiù nella remota provincia, e al presidente FIAB Luca Difonzo per gli interventi puntuali e lo scambio in privato sul finale (per certi versi illuminante). Grazie ai cani sciolti, ai ciclomobilisti, ai ciclopendolari, ai pedalatori in libertà, a quelli che anche senza società hanno dato supporto all’iniziativa. Grazie alla parchi dell’ospitalità, della cura, e della spazio dedicati. Grazie alle autorità locali che sono intervenute, ché non è mai scontato e c’è sempre qualcosa di più importante, e invece… la prossima volta l’unica cosa che potremo chiedere sarà di accompagnarci in bici. E grazie a Carnieri: puntuale, diretto e conciso sia nell’illustrare il progetto che nel chiarire  punti e i dubbi emersi.

A questo punto a noi non resta che continuare a fare il nostro: proporre, nei limiti delle possibilità tecniche che abbiamo; evitare dove possibile storture già viste e errori già commessi altrove; tirare la gente in sella. E pedalare un po’ di più, che di tempo ultimamente ce ne è rimasto poco.

Una nota: il rientro
Finito lo scambio, il rientro è l’unica cosa rimasta in sospeso, ed è stata un’ottima occasione di test:
Tre bici da turismo; una MTB; due borse; un seggiolino.
Quattro pedalanti, e una bimba di tre anni e mezzo a bordo
Da Baratti a Piombino, alle sei di sera
Scartata l’ipotesi treno + bici: l’ultimo treno da Populonia stazione a Piombino con trasporto bici era alle 16:46.
Scartata l’ipotesi sterrato lungo ferrovia, per impraticabilità del fondo.
Unica alternativa: Principessa, Fiorentina, Gagno. Niente di troppo distante da una riconferma di quello che fino a oggi ci aveva trattenuto dall’organizzare gite fuori porta. In uscita, coi dovuti accorgimenti, si può fare. Pensare di fare il rientro in sicurezza, con una bimba come passeggero, senza una scorta che ti affianchi e ti copra le spalle in buona parte dei tratti, e senza contravvenire al codice della strada, è da incoscienti.
Risolto quello, godersi le nostre zone a ritmo lento è un privilegio che non tutti si possono permettere, ma quello lo sapevamo già.

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sulle tracce degli antichi binari, da Follonica a Massa

ferrovieOtto marzo 2015: l’ottava giornata nazionale delle ferrovie dimenticate.
Avrei già voluto partecipare l’anno scorso, e persi l’occasione. Mancava il tempo, mancava il mezzo, mancavano le gambe.
Quest’anno per fortuna c’era Lorenzo che mi ha dato un po’ di spago, avevo la conferma di partecipazione dei livornesi, ed era l’occasione buona per incontrarsi di persona con qualcuno incrociato spesso in rete,in quest’ultimo anno.

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locandina dell’evento

Un’escursione proposta da FIAB Grosseto sulle tracce della vecchia ferrovia che da Follonica saliva fino a Massa. Una sessantina di chilomeri tra la campagna maremmana, la macchia e il lungomare del golfo. Un gran bel giro, organizzato con precisione e nel dettaglio, con un sacco di gente che è valsa la pena di incontrare.

La partenza l’abbiamo fatta in due, da Piombino. Il tentativo di arrivare a Follonica in treno, per rimanere in tema, si è insabbiato praticamente subito: il cambio forzato a Campiglia, l’impossibilità di essere alla stazione di Follonica in tempo ci hanno subito riportato in tema con la giornata delle ferrovie dimenticate: la tratta che collega Piombino alla linea costiera a quanto pare sembra destinata ad andare ad arricchire il numero delle rotaie scomparse d’Italia. Niente trasferimento in treno,  insomma.  Santa pazienza, il colpo di culo di trovare un camper da farsi prestare per caricare le bici, e siamo riusciti a evitarci di dover pedalare anche i cinquanta km aggiuntivi da casa a Follonica e ritorno.

All’arrivo alla stazione ferroviaria, per ritrovo e iscrizioni, la prima sensazione oltre al freddo maledetto della mattina è  stata quella di straniamento: diverse bici, un sacco di mountain bike, un paio di bici da città, una ragazza con un cavallo di ferro meraviglioso e i copertoncini strada, qualche touring. Un mescolone inusuale di mezzi, a confermare l’incognita del percorso. Iscrizione veloce, due parole di presentazione e partenza in orario. Così, a spanne, un’ottantina di persone.

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i pandaciclisti

Un primo tratto, nella zona industriale, è il male necessario e dimenticabile per levarsi dalla città. Un breve pezzo di vecchia Aurelia, la route 66 nostrana,  e lo sterro che comincia.

1669679_1082937525072926_5553698779271022747_oIl resto del percorso è stato un continuo alternarsi  di cambi di terreno, di paesaggi e di sorprese. Un viale bellissimo, col fondo di terra rossa e i cipressi a lato che nemmeno a Bolgheri. Poi le prime pozze, il passaggio sotto la SS1, altri viali in mezzo alla campagna, la centrale idroelettrica di Valpiana, e diverse soste per aspettare quelli che oltre alla bici poco adatta avevano anche scarsa dimestichezza con il fondo.

Durante le soste, oltre a rifocillarsi con cioccolata e fichi secchi per non schiantare, il racconto a tappe della storia del vecchio percorso ferroviario FMF: la linea ferroviaria Follonica – Massa Marittima, nata nei primi anni del ‘900 e attiva fino al ’44. Venticinque chilometri di strada ferrata, dieci caselli, un ponte sul fiume Pecora per collegare il mare alle miniere di Massa Marittima. Una storia affascinante e misconosciuta, a traccia della quale non ci sono più i binari, ma solo i percorsi splendidi che attraversavano.

A seguire un pezzo di bosco, un po’ di difficoltà e bestemmie per dei tratti in cui probabilmente una MTB sarebbe stata più adatta, e poi di nuovo la Marsiliana, il Molinpresso, un’altra deviazione sullo sterro, e il passaggio sul Pecora, fino ad arrivare a Montioni.

La ripartenza dalla Baciocca, dopo la sosta per il pranzo, trova  solo le gambe un po’ fredde e un filo di sonno residuo, ma tra chiacchere e pedalata passa alla svelta, giusto il tempo di arrivare al bivio per San Lorenzo e mi sono già ripreso. Ormai sembra di essere a casa. La voglia di mòta però prevale di nuovo, e anche a due passi da casa il gruppo di organizzatori venuti da fuori provincia riesce a farmi infilare l’ennesima strada nuova, sempre sterrata, tra  i campi.

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il Molinpresso

Oreopithecus bambolii - foto da Wikipedia

Oreopithecus bambolii – foto da Wikipedia

Sbucati a Riotorto da Nonsodove, probabilmente passati per una proprietà privata, siamo davvero sulla via di casa. Di nuovo storie di vecchie strade ferrate: stavolta la vecchia linea a scartamento ridotto che collegava Carbonifera alle miniere di Montebamboli, con i carrelli che scendevano a caduta o che venivano spostati a trazione animale. Senza dimenticare qualche cenno paleontologico sull’oreopithecus bamboli.

Torre Mozza e il rientro a Follonica sono strade note, e una bella occasione per tirare le fila dei progetti comuni, finire di scambiarsi informazioni e dritte con Graziella dei Pandaciclisti di Livorno, a cui di nuovo rinnovo i ringraziamenti per essersi fatti rubare la campagna 10 minuti, e con Angelo della FIAB grossetana, cicerone della giornata.

A fine escursione è rimasta la voglia di farne più spesso, di uscite lunghe. Ho incontrato persone splendide, pedalato con calma senz ala fretta di rientrare per pranzo,  visto posti dietro casa di cui in parte non avevo idea, e abituato un po’ il culo a stare in sella più a lungo.

La nota blues è arrivata sul finale, nel sentire persone che da Livorno piangono l’assenza di Ponte di Ferro. Nel rendersi conto che alla fine chi la nostra zona se l’è girata con calma, a quindici chilometri all’ora, forse la conosce meglio di tanti che ci abitano. Apprezza un buon percorso se glielo sai indicare, e capisce l’importanza di un’alternativa sicura alle grosse arterie stradali prima ancora che tu gliene parli.

Ho provato a rassicurarli che entro non troppo almeno quel ponte sul Cornia ce lo ritroveranno, più come augurio che come certezza. Spero di potergli dare delle date, di aggiornarli sui lavori quando cominceranno, e di vederli tornare.
Ho scoperto anche che faceva parte della Ciclovia Tirrenica. Quella che da Bocca di Magra arriva a Roma. Quella che ora salta Piombino a piè pari, e che servirebbe ai forestieri, oltre che agli stradisti e ai commuter locali.
Sono tornato a casa anche con la voglia di vedere se riusciamo ad agganciarci Piombino e l’Elba in tempi più rapidi di quelli che ci sembrano volerci per la 398. Alla fine le bici pesano poco, e hanno bisogno di bretelle più piccole.
E la nostra ferrovia, quasi dimenticata, ha giusto una strada che le corre a fianco, per un bel pezzo. Se solo si riuscisse ad allungarla fin dentro la città…

riferimenti:
sito ufficiale ferrovie dimenticate
FIAB
Grosseto ciclabile
La Repubblica sulle Bicistrade Urbane
Mappa del percorso


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zona 30 for dummies

un articolo troppo ben fatto per non chiedere al gruppo FIAB VERSILIA BICIAMICI di poterlo ripubblicare
su gentile concessione dell’autore:

Zona 30 for dummies

Una brevissima guida alla zona 30; al termine della lettura ne saprete più del progettista medio. Pavoneggiatevi al bar parlando di Woonerf!


 

Zona 30

Definizione: La zona 30 è una forma di intervento urbanistico per la moderazione del traffico nella viabilità urbana. È stata introdotta in Italia nel 1995 all’interno delle direttive per la redazione dei Piani Urbani del Traffico.

zona 30 - cartello ingresso

zona 30 – cartello ingresso

Una Zona 30 è un’area della rete stradale urbana dove il limite di velocità è di 30 chilometri orari invece dei consueti 50 previsti dal codice stradale in ambito urbano. Nelle Zone 30 il progetto deve prevedere interventi che favoriscono pedoni e ciclisti come la riduzione dello spazio per la circolazione delle auto a favore di quello riservato alle piste ciclabili e ai percorsi pedonali, e la creazione di aree adibite a scopi sociali. Per ridurre la velocità dei veicoli si possono usare elementi di moderazione del traffico e della velocità. (Wikipedia)

Alcuni vantaggi:

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Approfondimento: Zona 30 perchè?Zona 30 e lode


Moderazione del traffico

Definizione: Con moderazione del traffico (in inglese traffic calming) s’intendono tutte le tipologie di intervento (singole o combinate tra loro) realizzate ovunque si vogliano ridurre gli effetti negativi prodotti dal traffico e dalla velocità dei veicoli.

La moderazione del traffico è particolarmente indicata per le cosiddette zone sensibili, che si trovano a ridosso di servizi pubblici o privati di primaria importanza, tra i quali scuole, farmacie, ospedali/centri medici, zone commerciali, uffici pubblici, teatri, chiese ecc. Una diffusa applicazione è nelle zone prettamente residenziali, spesso di nuova urbanizzazione, o per riqualificarle nel caso di eredità di sviluppi o pianificazioni che ne hanno inficiato la vivibilità. Anche le zone commerciali, soprattutto se con alta densità di piccola distribuzione, possono godere ampiamente degli effetti di aumentata vivibilità generati dalla moderazione del traffico. (Wikipedia)

Tecniche moderazione velocità:

Abbiamo mantenuto i termini in inglese per facilitare la ricerca su web per eventuali approfondimenti.

  • Speed Humps (dossi artificiali)
    • Evoluzioni delle Speed Humps sono le Speed Tables (dossi artificiali a profilo trapezoidale), le Raised Crosswalks (dossi artificiali che fungono da attraversamento pedonale) e le Raised Intersections (isole rialzate estese a tutta l’intersezione).
  • Textured Pavements (pavimentazione stradale in rilievo)
  • Traffic Circles (rotatoria)
  • Chicanes (o serpentine, disassamenti)
  • Narrowing (restringimenti)
  • Ripristino del doppio senso al posto del senso unico

Tecniche di moderazione del traffico:

  • Trasformare intersezioni/incroci in “cul de sac” (vicoli ciechi)
  • Limitare il traffico ai soli veicoli autorizzati (ZTL – piano della logistica)
  • Separatori di mezzeria
  • Chiusura di strade per creare zone pedonali (prevalenza pedonale, bici consentite, accesso ai soli mezzi autorizzati)

Alcuni esempi:

Approfondimenti: La moderazione del traffico – FIAB


Woonerf:

Definizione: Un woonerf (in lingua olandese: “area condivisa”) è una strada dove pedoni e ciclisti hanno la precedenza e dove, grazie a una serie di accorgimenti, gli automobilisti sono costretti ad adottare comportamenti di guida più prudenti.

Nella progettazione è previsto che la sede stradale e i marciapiedi siano posti sullo stesso livello, in modo tale da favorire uno stile di guida prudente da parte degli automobilisti. (Wikipedia)

Alcuni esempi:


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più a destra? no, grazie (uno sfogo)

Premessa: questo non è un post politicamente corretto. Questo è uno sfogo di pancia, sostanzialmente volgare e incazzato.
È nato su facebook, all’ennesima battuta simpatica, e risente del fatto che era rivolto a persone con cui c’era la possibilità di prendersi certe libertà.
Se siete sensibili passate a un altro post, oppure andate in fondo, e troverete le stesse argomentazioni esposte in maniera più pacata.

Cercavo qualcosa di pronto e articolato in risposta alla ventata di simpatia qui sotto

più a destra una sega

più a destra una sega (tanto per esser chiari da subito)

e  ai commenti che ciclicamente, inevitabilmete si trascina dietro, ma non l’ho trovato subito.quindi ho pensato di non mandare perduto un esempio di me stesso al mio peggio, a quest’ora indecente.

La questione di fondo?
Se stai in mezzo rallenti e rompi il cazzo
Se stai a destra “poverino l’ho visto all’ultimo momento / non l’avevo visto”

Ecco io in linea di massima preferisco rompere il cazzo da vivo che essere poverino da morto. Questo come base di partenza del discorso.

Poi ci sono gli imbecilli. Le gruppate che ti mandano affanculo. I maleducati. Quelli che non ti fanno passare apposta nemmeno quando ci sono gli spazi. Non lo nego e non lo negherò mai: c’è di tutto, a giro. Ecco perché “i ciclisti” mi suona un po’ come parlare de “i neGri”, “i rom”, o “la Ka$ta”.

E mi fa un po’ sfavare, e mandare (bonariamente) nel culo in automatico qualsiasi interlocutore si ponga così. Senza rancore, eh.

Poi c’è l’altro punto: che “nel mezzo” come lo intendo io la peggio cosa che succede è che voi avete perso dieci minuti, io mi sono salvato il culo.
Ee il mio culo vale più dei vostri dieci minuti, e anche del codice. Ma parecchio. Fatemi causa. Fatemi arrestare. O mettetemi sotto, ma fate che non mi rialzi più.

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i bimbi dei campi estivi, in banchina

E l’ultimo punto, che mi viene estemporaneo mentre sbollisco un’incazzatura di lavoro che spero non si senta troppo qui, ma che mi fa scrivere comunque nel mood sbagliato, che se non sto “nel mezzo” come lo intendo io rischio una sportellata, e se mi allargo per evitarla il tir che arriva dietro mi prende. Non è fantascienza. Succede. Spesso. Il gancio da dietro oltre che per scansare sportelli si rischia con le macchine in doppia fila: via Petrarca è l’esempio più plateale. Lì con la bimba per evitare faccio anche il marciapiede, piano, e mi son sentito dare del “fucilatore silenzioso” sui social. Non mi risultano morti o feriti gravi causati da scontri in bici in ambito urbano, ma il sentire comune è quello.

Ma divago troppo, manca una cosa sola: “nel mezzo” come lo intendo io è prevalentemente in città, ma non solo. C’è una foto dei bimbi di sardegna mare e bici, il gruppo uisp che d’estate accompagna i bimbi a Perelli, dove in geodetica (che è bella larga e avrebbe anche gli spazi di soropasso) li fanno andare relegati tra riga di destra e banchina. Non troppo tempo fa ne ragionavo con un amico, e gli ho scritto: “ai bimbi passa l’idea che se vanno in bici si devono autorelegare ai margini. Poi magari fanno lo stesso la mezza volta che sono in giro in città, passa il cretino che gli fa il filo, lo spostamento d’aria – appunto – li sposta, e siccome a destra il margine è finito picchiano una facciata nel marciapiede e s’ammazzano”

“Nel mezzo” come lo intendo io, in città, è per evitare che nelle vie dove non c’è margine di sorpasso ti stringano fuori.
Che ti passino per tagliarti la strada all’incrocio, come l’ultimo dell’anno di due anni fa:

ogni tanto capita, che mi facciano girare le palle

Quindi scusate ma io sto nel mezzo, e se avete furia fate conto che c’è traffico. Sono io, il traffico. E rallentate, grazie. Se vi crea problemi ci si ferma e se ne discute, ma allora vuol dire che tutta ‘sta fretta non ce l’avete. Comunque provate a pensare che chi fa certe manovre su due ruote, anche andando in culo a un CdS che ancora la bicicletta la chiama velocipede e a una città progettata in funzione delle macchine, non lo fa perché è uno spericolato a cui piace l’idea di morire, ma il più delle volte fa delle scelte. Sulla base della propria sicurezza, anche a discapito del vostro tempo, che perderete comunque dopo due metri al semaforo, o a cercare parcheggio, o qualcuno a andare in palestra perché è bolso.

E tutto senza voler salvare mondi, anche se potrebbe aiutare a stare in posti migliori. Solo per godersela in tranquillità, provare a andare piano (ci avete provato a andare piano, anche con la macchina? ci si incazza anche meno, oltre a risparmiare soldi) e farsi meno male possibile. Magari un po’ stanco d’essere additato come quello che rompe i coglioni, come il fucilatore silenzioso, o il rivoluzionario snob, che principalmente ci vado e vengo da lavoro, mica ci faccio gli aperitivi equiessolidali, in bici.

Scusate la lunghezza, l’estrema sconclusionatezza e anche la poca simpatia di questo post. È tardi, sono stanco, mi monta la carogna quando lo sguardo si ferma sul dito, e soprattutto ho finito la verve.

Quasiquasi me ne tornerei in ferie
In bici
Nel mezzo.

Buonanotte

Per chi avesse voglia di approfondire in maniera più seria la questione, invece, segnalo un articolo serio pubblicato da FIAB, e ai paladini del rispetto delle regole a tutti i costi giro la domanda di Gerosa, che poi è quella alla base di tutto il discorso:

Il Codice Stradale va osservato “alla lettera”?
Oppure “nella sostanza”, rispettando la sua premessa fondante, cioè comportamenti prudenti e sicuri?

 


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città in bicicletta, pedalando verso l’avvenire

tramite FIAB:

La brochure della Commissione Europea “Città in bicicletta, pedalando verso l’avvenire” è dal 1999 un punto di riferimento per tutte quelle Amministrazioni locali che VOGLIONO intraprendere una politica per favorire la mobilità ciclabile.

Ormai lo sappiamo. E noi non chiediamo il “contentino” per i ciclisti. Non serve a niente.

O le Amministrazioni hanno precisi obiettivi e progetti per diminuire l’uso dell’auto privata e di facilitare la mobilità sostenibile, e in questo quadro si lavora BENE anche per la mobilità ciclistica, oppure una pista ciclabile di quà e una di là (spesso fatte da cani) condite magari da un po’ di bike-sharing (spesso più fumo che arrosto) son “contentini” che non servono proprio a nulla (anzi, a volte son peggio).

Siete d’accordo?

FIAB

la brochure della FIAB, clicca sull’immagine per scaricare il pdf