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la follia delle ciclabili bidirezionali

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Un po’ di divulgazione preventiva: un articolo interessante del giugno di quest’anno, tradotto e leggermente adattato, su un argomento abbastanza specifico – quello delle ciclabili bidirezionali – affrontato nel dettaglio da Mikael Colville-Andersen, che dato il CV ha sicuramente meglio di noi il polso della situazione.

Perché provare ad evitare le cose storte è meglio che lamentarsi una volta che sono state fatte, e onestamente su certi argomenti è meglio fidarsi di uno che chiamano il Papa del ciclismo urbano (o il Richard Dawkins della ciclabilità, per quelli meno religiosi) piuttosto che affidarsi all’improvvisazione.

Nella speranza che serva a qualcosa.

vista da un tetto di Copenaghen - foto: Colville-Andersen via flickr

vista da un tetto di Copenaghen – foto: Colville-Andersen via flickr

qui trovate l’articolo originale (tradotto in italiano con l’autorizzazione di Copenhagenize Design Company)

Se fossimo nel 2007 (ok, in Danimarca – n.d.t.) me l’aspetterei un po’ di confusione e di interpretazioni errate circa le soluzioni migliori per le infrastrutture ciclabili. Era un mondo nuovo, allora. Questo blog (Copenhagenizen.d.t) una voce solitaria nel deserto per quanto riguarda la bici come mezzo di trasporto in città, e per compagnia avevamo, a trattare la tematica, solo dei blog testosteronici e orientati allo sport estremo, o al ciclismo visto come hobby per il tempo libero.
Ora c’è un coro diverso, e le voci sono ogni giorno più forti e più armoniose.
Un mucchio di persone ne sa di più, ora.
La conoscenza di certe cose si è diffusa, e il messaggio è più unitario.

Una cosa che mi sconcerta, però, è il motivo per cui continuano ad essere promosse e realizzate le ciclabili bidirezionali su strada. Per chiarezza: quando dico “bidirezionale su strada” intendo una corsia dedicata alle biciclette separata da una linea, che consenta il traffico a doppio senso – sulle strade della città. Non mi riferisco a un percorso a due vie attraverso un parco o altre aree interdette ai veicoli a motore.

In Danimarca, l’infrastuttura bidirezionale su strada è stata rimossa dall’elenco delle buone soluzioni per le infrastrutture ciclabili più di due decenni fa. Questo di per sé potrebbe già essere un campanello d’allarme per chiunque sia un minimo attento. Queste ciclabili bidirezionali sono risultate più pericolose delle corsie ciclabili unidirezionali su ogni lato della carreggiata.
C’è un certo paradigma all’interno delle città. Non sto dicendo che sia buono, ma esiste. Tutti gli utenti della strada sanno da che parte guardare quando si spostano per la città. Avere le biciclette che arrivano da due direzioni contemporaneamente è un design non funzionale.

Il problema esisteva già anche in paesi con una cultura ciclabile affermata. Il pensiero di mettere piste ciclabili del genere in città che stanno reintroducendo solo ora le biciclette nel quadro, città popolate da cittadini non abituati al traffico ciclabile, fa accapponare la pelle. Intendiamoci: ci sono, delle ciclabili bidirezionali a Copenhagen. Passano attraverso parchi e vie verdi, separate dal traffico motorizzato, e in alcune occasioni sono su percorsi senza incroci su un lato. In ogni caso vengono fatte sempre dove hanno effetivamente senso, per eliminare il rischio di collisione con automobili e camion.
Le corsie ciclabili sono come i marciapiedi: vanno messe su entrambi i lati della strada. L’unica differenza è che vanno mantenute a un senso solo.

le soluzioni danesi: 10-30 Km/h = nessuna separazione. 40 Km/h = corsia dipinte in sede. 50-60 Km/h = corsie separate da cordolo. 70-130 Km/h segregazione totale. infrastrutture ciclabili a destra dei parcheggi. bidirezionali solo al di fuori dalle strade.

La ricetta danese: 10-30 Km/h = nessuna separazione. 40 Km/h = corsia dipinte in sede. 50-60 Km/h = corsie separate da cordolo. 70-130 Km/h segregazione totale. Infrastrutture ciclabili a destra dei parcheggi. Bidirezionali solo al di fuori dalle strade, grazie.

Certo, la Danimarca ha sviluppato un design incredibilmente uniforme per le infrastrutture ciclabili, utilizzando solo quattro tipologie (volendo un link c’è anche già pronto in italianon.d.t.), in modo da creare uniformità, rendere facile trovarle e, soprattutto, ottimizzare la sicurezza.

Si sentono sempre le stesse scuse nelle nazioni e nelle città nuove alla bicicletta: “Ma l’ho visto in Olanda!” Sì, potrebbe essere. Ma ho chiesto a Theo Zeegers, dell’organizzazione nazionale olandese di ciclismo Fietsersbond, che a proposito di questo problema mi ha detto:

Le ciclabili bidirezionali sono molto più rischiose per i ciclisti rispetto a due unidirezionali. Il rischio sugli attraversamenti è all’incirca il doppio. Quindi, soprattutto nelle aree con un sacco di attraversamenti (come ad esempio le aree abitate), le corsie monodirezionali sono preferibili. Ma non tutti i comuni capiscono questo messaggio.”

Fortunatamente, gli olandesi sono abituati a un flusso costante di bici. Non sono impreparati. Hanno anche problemi di spazio, in molti dei loro piccoli centri urbani, che poche altre città del pianeta hanno. I percorsi bidirezionali che si possono vedere lì sono soluzioni sub-ottimali.

Nel rapporto OECD (OCSE) Cycling Health and Safety recentemente pubblicato si possono leggere sostanzialmente le stesse cose. Le bidirezionali non sono raccomandate per i percorsi in carreggiata. La migliore soluzione che dovrebbe essere privilegiata è una corsia ciclabile su ogni lato.

Non che sia propriamente una notizia nuova, tutto questo. Immaginiamo di rimuovere un marciapiede su un lato della strada, costringendo i pedoni a condividere un marciapiede stretto su un solo lato della strada. Non lo fareste per i pedoni (certo, gli esempi stupidi esistono, ma che diamine…) quindi per quale diavolo di motivo lo fareste per i ciclisti?

Le corsie ciclabili bidirezionali che vediamo nelle città che si stanno muovendo per diventare a misura di bici non possono esser state messe lì da persone che sanno quello che stanno facendo o che capiscono le esigenze dei ciclisti, o che vogliono veramente che la ciclabilità urbana decolli. Lo si può vedere anche dalla larghezza che hanno molte di queste corsie. Incredibilmente strette, rendono lo scambio tra due bici un’esperienza da panico e il passaggio di due ciclisti diretti nella stessa direzione un qualcosa da far rizzare i capelli.

Un’altra scusa che spesso si sente è: “Beh … è meglio di niente” – spesso detto con tono difensivo. Si tratta di un argomento viziato, che manca di visione, impegno e esperienza. Qui non si tratta di costruire della roba a caso con un po’ di asfalto. Stiamo piantando dei semi nella speranza che crescano giardini rigogliosi. Abbiamo i semi che ci servono. Sono fertili, naturali e pronti a crescere con il minimo intervento e pochissima cura. Invece, le persone stanno scegliendo sacchi di sementi OGM dall’ipermercato della pianificazione del traffico. Fertilità limitata, geneticamente modificata per le semplici esigenze di giardinieri senza visione in prospettiva. Piante in vaso al posto di giardini.

Se qualcuno sostiene progetti come questi e crede veramente che siano buoni, probabilmente non dovrebbe essere qualcuno che sta lì a decidere delle infrastrutture ciclabili.

Mikael Colville-Andersen

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5 thoughts on “la follia delle ciclabili bidirezionali

  1. L’ha ribloggato su Mammifero Bipedee ha commentato:
    Ottimo e necessario lavoro di traduzione delle esperienze internazionali in materia di sistemazioni ciclabili. Saremo capaci di imparare dall’operato altrui ed evitare di ripetere gli stessi errori? Alla prova dei fatti sembrerebbe proprio di no…

    "Mi piace"

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