Questo è un pezzo a metà tra una rassegna stampa, un tentativo di analisi ampliata della vicenda, e una questione sul metodo.
Nella speranza che presto riesca a tornare ad occuparmi nello specifico di aspetti legati in maniera più stretta alla ciclabilità urbana, senza dover tenere alta la guardia su tutti i temi collaterali che rientrano nelle problematiche più larghe della moderazione del traffico, e che rendono difficile il lavoro.
la premessa:
Di quanto discusso e approvato nell’ultimo consiglio, circa quella che per praticità chiamerò la mozione “parcheggi in centro 2.0” ho già scritto in termini generali QUI
la reazione:
Nel frattempo, la vicenda sembra essersi guadagnata spazio sui media spostandosi sul piano dello scontro politico: già il giorno successivo al consiglio è uscito sul Tirreno questo comunicato del Movimento Cinque Stelle:
la risposta:
oggi (01 dicembre, n.d.r.) invece è arrivata la replica del consigliere che ha proposto la mozione:
il commento:
In entrambi i casi si tratta di letture interessanti: solo il fatto che ci si pongano delle domande e che si discuta del tema è un segnale positivo di vivacità culturale, e finché non ci si arrocca definitivamente ognuno sulle proprie posizioni ritengo ci sia un margine di sviluppo e rivoluzione delle idee.
Ora, è giusto che ognuno faccia il proprio mestiere, e ovviamente ognuno è padronissimo di farne una battaglia di carattere politico, impostando la critica all’opportunità del provvedimento principalmente sulla questione economica sottolineando gli aspetti che più gli sembrano degni di nota. Capisco la critica mossa da Santini anche alla luce del suo essere commerciante, oltre che consigliere comunale. E non posso che concordare con Tommasi quando afferma che l‘immobilismo non porta a niente […] il mondo del commercio ha bisogno di azioni, anche piccole, ma tangibili nell’immediato.
Io però, che non faccio parte di nessuno dei due gruppi politici coinvolti, mi vorrei permettere di far notare un dettaglio che sembra essere sottovalutato un po’ da entrambe le parti:
Certo, il punto relativo alla gratuità nel periodo natalizio ha dei costi. Non mi convince del tutto alla luce delle critiche mosse da Santini circa i mancati introiti, ma un’Amministrazione ha il diritto e il dovere di valutare e proporre misure che hanno un costo, in un’ottica di investimento.
La proposta prevede una sperimentazione: il supposto incentivo al commercio dato dalla prima mezz’ora gratuita di sosta. Per sei mesi. Prorogabili. Azioni che sono già ampiamente attuate in molte città italiane, afferma il consigliere PD. Azioni che come ho già avuto modo di sottolineare nel mio precedente articolo, oltre a essere state sperimentate si sono già rivelate fallimentari. Non solo sul piano del commercio, ma dal punto di vista della regolazione della mobilità urbana, dato che – per dirne una – siamo tra i paesi con il numero più alto di auto pro capite. senza contare che la moderazione del traffico non è un’opinione, e incentivare il traffico veicolare si sa già che non aumenta le entrate per il commercio più di quanto lo facciano soluzioni veramente moderne come le zone 30 sperimentate dal basso, che hanno rivelato risultati ben più soddisfacenti anche dal punto di vista economico oltre che da quello della vivibilità degli spazi.

La pianificazione coinvolge diversi aspetti: 1) aver chiaro l’obiettivo da perseguire; 2) individuare le conseguenze dell’ipotesi in ambito osservazionale; 3) stabilire le modalità con cui si raccolgono i dati
E l’emendamento proposto e accettato parla, relativamente alla sperimentazione, di valutazione della sostenibilità degli ammanchi di cassa. Oltre alla faccenda dei costi vivi però, quello che non viene specificato è quali siano gli obiettivi che si vuole raggiungere. Si tratta senza dubbio di obiettivi economici, dato che si lega la proposta sperimentale all’incentivare il commercio, ma anche alla luce delle mancate stime sui costi a monte non è chiara la metodologia adottata per verificare, numeri alla mano, la riuscita o meno della sperimentazione.
In buona sostanza, anche ragionando brutalmente solo in termini economici, qual è la cifra Y che ci si pone di far guadagnare a fronte di una spesa X?
Cosa lega teoricamente la gratuità del parcheggio all’eventuale incremento dei consumi?
E come si intende verificarlo nella pratica?
Si sono considerati i costi accessori di un mancato intervento sulla mobilità?
Si è tenuto in considerazione del problema di strategia comunicativa che servirà a veicolare una nuova mobilità in città?
Dell’aggravio di costi in quel senso?
Perché io purtroppo sono abituato a ragionare in termini di obiettivi, non solo di copertura economica. Serve per evitare gli sprechi in un mondo fatto di risorse limitate.
È lo stesso metodo che – per fare un esempio pratico – ha portato a pedonalizzare Times Square:
Nella stessa città in cui Michael Bloomberg (il sindaco che New York l’ha resa ciclabile) dichiara «I pedoni, i ciclisti e gli utenti dei mezzi pubblici sono più importanti degli automobilisti. Su queste premesse, cresce l’economia della prossimità e arretra lo sprawl.»
Fondamentalmente è quello che sta alla base del concetto stesso di sperimentazione, oltre ad essere la prassi in tutte le aziende sane che operano nel settore privato:
Nel settore privato il cliente sa con estrema esattezza cosa vuole realizzare, come la misura adottata dovrà funzionare e quali risultati si attende: tutti questi parametri sono indicati nel contratto stipulato. Se il cliente ha necessità di un impianto in grado di movimentare, poniamo, 1000 pezzi l’ora, non accetterà un risultato di 500 o di 800, perché da questo dipenderà la resa economica dell’impianto stesso.
Nel tanto vituperato “settore pubblico”, quest’analisi a monte per solito non viene fatta. Non si stabilisce mai che un intervento, per portar beneficio alla cittadinanza a fronte dei costi sostenuti, debba raggiungere un numero quantificato di risultati. Ogni realizzazione sembra esser fatta per motivazioni politiche, o di opportunità, o di disponibilità di fondi e spazi, ma non perché realmente debba produrre un risultato concreto e ben individuabile.
Quella che è prassi comune all’estero, dove ad esempio per ogni spostamento trasferito dal mezzo pubblico alla bicicletta vi è una contropartita economica che giustifica il costo della realizzazione, qui da noi è pura fantascienza.*
Altrimenti, alla fine del percorso diventa gioco facile dichiarare “abbiamo vinto, campioni del mondo!”, per poi passare i successivi mesi a discutere, in perfetto Italian style, sull’effettiva entità della vittoria. Con l’altra parte politica che inizia a urlare “no, in realtà avete perso! abbiamo vinto noi”. E con i cittadini che nel frattempo si saranno talmente assuefatti alla sperimentazione tossica da ritenerla un dato di fatto, e non curarsi troppo di eventuali risvolti negativi, salvo poi incazzarsi come dei bufali il giorno che la politica si incamminerà davvero sulla strada annunciata di moderazione del traffico e disincentivi all’auto, dimostrando una schizofrenia di intenti che giustamente disorienta.
Perché regolare i parcheggi in centro, oltre che sul bilancio comunale e sulle entrate dei negozi, va a incidere sulla narrazione che facciamo della città. Sull’immaginario collettivo del centro urbano in cui viviamo, e non solamente facciamo shopping. Sulla nostra visione del futuro e sugli obiettivi che ci siamo posti per arrivarci.
Una mentalità fondata sull’immobilismo insomma non porta da nessuna parte. Non aiuta la città, non aiuta il commercio.
Ma una fondata sull’automobilismo neanche.
* lungi da me sostenere con questo la falsa logica per cui laddove la gestione pubblico non funzioni o si dimostri inefficiente la soluzione sia quella di trasefrirne le competenze ai privati: solamente mi piacerebbe che certe logiche necessarie alla sopravvivenza e sostanzialmente basate sul buon senso prima ancora che sulla capacità di pianificazione venissero adaottate come standard in casi come quello in oggetto. l’estratto virgolettato è mutuato e rielaborato da questo pezzo di Marco Pierfranceschi
Una nota finale, per chi capita su questo blog e non conosce chi siamo: questo articolo è espressione (così come il precedente in tema e come tutti quelli firmati da me) del mio personale pensiero. Che può essere o meno condiviso dagli altri autori del blog, ma che comunque non rappresenta nessuna “posizione ufficiale”. Siamo una libera associazione di persone, non dobbiamo restare fedeli alla linea (anche quando non c’è), e rivendichiamo, assieme alla volontà di dire la nostra, il diritto di ricrederci di fronte a opinioni divergenti dalle nostre che siano supportate, argomentate e motivate.