In un articolo comparso stamani sul Tirreno, di passaggio si sfiora un tema spinoso: quello della separazione fisica
Onestamente mi sono un po’ allarmato all’idea di pensare a “quale dissuasore sia più sicuro”.
Fortuna vuole però, che anziché dovermi perdere a spiegare con parole mie i dubbi che nutro ho potuto copincollare alcuni stralci di una conversazione nata in calce a questa foto di Milano, con una fila di auto parcheggiate in ciclabile:
e citare pari pari le parole di Matteo Dondé: uno dei maggiori esperti italiani di pianificazione urbana, moderazione del traffico e riqualificazione urbana:
“governare la mobilità non è un’opinione: trovami un esempio in Europa dove utilizzano cordoli più alti per impedire la sosta. Il cordolo più alto ha un costo elevato e diventa barriera architettonica, pericolosa per tutti gli utenti della strada, specie per i più deboli…
il concetto di separazione ribadisco è stato superato da anni in EU, a favore della condivisione degli spazi, dello shared space, della living street, ed ovviamente della repressione costante delle infrazioni
il cambiamento non si ottiene da un giorno all’altro, ma non è realizzando barriere in ogni dove che creiamo la città del futuro. La scelta delle multe non sta ai vigili, ma a una politica attenta al rispetto delle regole, al tema della sicurezza e della vivibilità. Se in Germania, in Olanda, Svizzera, etc ben pochi non rispettano le regole della strada è perchè la politica ha deciso di contrastare fortemente l’incidentalità e tutto ciò che ne deriva, in particolar modo i costi folli che provoca. Basta vedere le numerose corsie ciclabili un po’ in tutte le città europee
[…]
In Europa anche quando hanno iniziato non mettevano barriere fisiche verticali proprio perchè considerate pericolose, bensì hanno sempre preferito elementi di moderazione del traffico che non costituissero barriere, come il restringimento delle strade, le chicane, gli attraversamenti rialzati, i sensi unici alternati, le rotatorie compatte e minirotatorie, etc…
Non penso di prendere la mobilità e trasformarla con lo spazio condiviso da un giorno all’altro, ma di attuarla gradualmente come insegnano le migliori esperienze europee, non tralasciando come purtroppo avviene in Italia, la fondamentale COMUNICAZIONE. Interventi di spazio condiviso sono già stati realizzati in Italia ed i risultati non si discostano da quelli europei. D’altronde le sperimentazioni fatte dimostrato che il tema della moderazione del traffico e della condivisione degli spazi diviene comprensibile ed accettabile se spiegato, raccontato ed attuato come si deve. Le zone 30 e gli interventi attuati con successo a Reggio Emilia lo dimostrano.
Purtroppo dovremo comunque ancora attaccarci al telefono aspettando i vigili, perché in ogni caso è impossibile per un’amministrazione piazzare paletti in ogni dove da un giorno all’altro… ci vorrebbero comunque degli anni. Tanto vale pretendere un costante controllo delle infrazioni”
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